Come in ogni buon testo storico il primario bisogno, per analizzare correttamente una problematica, è quello di esplorarne le fondamenta. Qual è stata la ragione che ha portato l’essere umano a fabbricarsi la sua prima arma? Probabilmente, nelle brume che avvolgono l’epoca che precede la scrittura, non lo sapremo mai. Ma possiamo umilmente fare delle congetture al riguardo.
L’uomo primitivo era fondamentalmente debole in confronto alle specie animali che lo circondavano: niente zanne, una pelle villosa ma non coriacea, facile a ferirsi, mancava di artigli e non era dotato di particolare o superiore agilità, capacità di mimetizzazione naturale o forza.
Insomma, se qualcuno avesse dovuto fare in quei tempi lontani una scommessa sulla specie che avrebbe dominato il mondo nel futuro, avrebbe puntato decisamente su qualcos’altro. Forse il leone per la sua forza, o magari l’orso o la pantera, ma il gracile essere umano proprio no!
Ma forse uno dei tanti scommettitori, per andare controcorrente o perché aveva semplicemente soldi da buttar via dietro ad un caso disperato, avrebbe indicato quella creatura che da qualche centinaio di migliaia di anni si era separato per sempre dal ramo evolutivo delle scimmie. Ma questo folle era animato solo da avventatezza? O forse aveva notato la carta truccata che era stata affidata all’essere umano dalla tuke o dal capriccio di qualche dio?
Non lo sapremo mai, ma in ogni caso l’uomo una carta truccata l’aveva eccome! L’intelligenza, che sarà tanto cara ai greci per differenziare la stirpe umana dalle bestie – e secondo loro anche dai barbari, ma questa è una fattispecie che vedremo in seguito -, che permette all’uomo di adattarsi ad un numero di habitat immensamente superiore a quello concesso ad ogni singola altra specie vivente.
In mancanza di prove o teorie migliori la storia afferma che l’uomo fece le prime scoperte per caso, ad esempio si suppone che il fuoco fu conquistato grazie ad un fulmine che colpì un albero o delle frasche secche, che vennero avvicinati dai primi ominidi attratti dal calore. Vedendo l’estrema praticità della cosa decisero di replicarla tutte le volte possibili, ma visto che non sempre si trovavano a portata di mano fulmini e arbusti con la voglia di fare da bersaglio, dovettero tentare di tutto per poter replicare il fenomeno della combustione. Alla fine qualche novello Archimede notò che alcuni tipi di rocce, se sbattute tra loro, emettevano scintille capaci di incendiare piccoli mucchi di paglia secca. Eureka, come si suol dire! Ottenuto il primo accendino primitivo ci si iniziò a spremere le meningi sui suoi possibili utilizzi e così si imparò a cucinare, a illuminare la notte e così via.
E qui che entra in gioco anche la nostra prima domanda sulle armi. Abbiamo già evidenziato le innumerevoli deficienze che non rendevano i nostri progenitori dei cacciatori molto acclamati. Ma anche per questo venne trovata una soluzione. Qualcuno invidioso dello scopritore del fuoco portatile volle eguagliarlo e iniziò a spremersi le meningi per ottenere qualcosa di altrettanto utile.
Probabilmente notò che lui o qualcuno del suo clan, attaccato da qualche bestia feroce, aveva istintivamente cercato un qualche oggetto per tenere il più lontano possibile la fiera dalle sue deboli carni. E che cosa c’era di più adatto di un bastone? Poi magari aveva notato che se colpiva di punta era anche capace di provocare lievi ferite o escoriazioni. Perché non provare con quella via? Presa una pietra abbastanza affilata iniziò a renderne più acuminata la punta e il gioco fu fatto. L’uomo aveva ottenuto la prima arma di offesa individuale – se escludiamo le pietre, che di sicuro aveva già precedentemente utilizzato, ma li non c’era necessità di particolare attività intellettiva -, inaugurando una categoria di invenzioni – le armi – che ancora al giorno d’oggi non ha perso la sua attrattiva, ma anzi il suo mercato è in continua espansione.
Possiamo immaginare la gioia di quei primi ominidi, che si erano fino ad allora limitati alla raccolta di frutti della terra e al massimo alla cattura di bestie ferite, se non già morte – e vista la poca salubrità della carne di cadavere, non ci si deve sorprendere se la loro vita media non superava i vent’anni -, che ora potevano difendersi e trasformarsi perfino in offensori.
Nei secoli e nei millenni gli occasionali scambi tra i clan portarono alla diffusione e allo sviluppo della nuova tecnologia. Qualcuno notò che la nostra rudimentale lancia poteva diventare più efficace se la punta veniva passata sulle fiamme, diventando più dura; altri constatarono che si poteva applicare una pietra affilata appositamente alla sommità dell’arma in modo da aumentare la sua capacità perforante e tagliente.
All’incirca trentamila anni fa abbiamo le prime notizie dell’introduzione di altre armi, grazie alla pitture rupestri in alcune caverne neolitiche. La necessità di colpire bestie anche da lontano aveva infatti portato all’invenzione dell’arco, che dallo yumi giapponese fino al long bow inglese avrà una lunga storia che si concluderà solo con l’avvento della polvere pirica.
Probabilmente a questa formidabile macchina di morte si erano anche aggiunte rudimentali mazze e probabilmente i primi coltelli e scuri fatti di selce od ossidiana, che erano pietre molto affilate.
Ma a questo punto dobbiamo fare un ulteriore, fondamentale balzo avanti, questa volta dal punto di vista psicologico e morale: affrontiamo infatti il momento in cui l’uomo rivolse per la prima volta le armi verso i suoi simili. E non parliamo delle lotte tra maschi all’interno del clan, che probabilmente ci sono sempre state – retaggio animalesco della supremazia del più forte sugli altri -, ma vere e proprie scorrerie contro i vicini, in genere per rubare cibo e donne.
Queste prime “piccole guerre”, genitrici delle faide che ancora oggi si possono riscontrare in alcune parti del globo dove permane nella società un eredità di tipo tribale, videro prevalere coloro che erano dotati delle armi più sofisticate – esempio: bastone contro lancia con punta di selce/arco -.
Comunque fino a quando la società rimase al livello di sussistenza – caccia e raccolta -, non avvenne mai una vera e propria separazione tra il cacciatore e il guerriero, che iniziò ad evidenziarsi solo quando alcuni clan iniziarono a sedentarizzarsi.
Ma come mai si manifestò questo bisogno? Probabilmente il loro numero era aumentato troppo, finendo per ridurre drasticamente le risorse in tutta l’area circostante e quindi portando all’obbligo di trovare fonti di cibo più sicure e redditizie.
E così nacque l’agricoltura, fondamentale per l’affermarsi di grandi e potenti civiltà. Non sta a noi discutere nello specifico come questo elemento così importante per la storia dell’uomo e che ebbe la sua culla nella cosiddetta Mezzaluna Fertile, in Mesopotamia, venne alla luce e si impose sui sistemi di vita praticati da millenni dai cacciatori-raccoglitori, ma lo utilizzo solo per identificare un elemento che secondo me permetterà lo sviluppo militare successivo.
Di sicuro il passaggio di consegne tra sistemi di vita non fu del tutto indolore, e comportò l’espulsione di questi ultimi dalle zone dove vivevano da parte delle più popolose civiltà agricole – più o meno come i coloni americani dell’ottocento cacciarono gli indiani sempre più lontano dalle loro terre natali nella celeberrima “Conquista del West” –, che utilizzarono la terra guadagnata per impiantarvi colture.
Fatto sta che con la sedentarizzazione si verificano almeno tre elementi topici per la nostra tesi: l’aumento della popolazione, la creazione di surplus di cibo – si abbandona la vecchia economia di sussistenza – e il bisogno di difendere le colture e chi si occupa della loro produzione.
Ma spieghiamo con ordine. La trasformazione di molti cacciatori in contadini gli fece perdere la capacità di difendersi da soli che era connaturata nella prima categoria, addestrata per vivere all’uso di armi. Da qui la necessità di persone che si sobbarcassero quest’onere, e che si specializzarono nell’abilità guerriera. Questa “casta militare” non avrebbe mai avuto luce nella società precedente per due ordini di motivi: erano delle bocche da sfamare non autosufficienti e soprattutto sarebbero stati uomini abili sottratti alla caccia, che rappresentava il maggior apporto nutritivo di proteine in una dieta già abbastanza magra di suo.
Questi ostacoli venivano ottimamente rimossi dai primi due elementi topici, infatti il surplus alimentare permetteva il sostentamento di questi specialisti e dato l’aumento della popolazione questo non toglieva braccia ai campi.
Il terzo elemento fornì invece la giustificazione della loro esistenza per i contadini che dovevano mantenerli con il loro lavoro, ovvero il bisogno e la necessità di difesa.
Con l’affermarsi successivo dei primissimi centri urbani – ci sono testimonianze di città con primitivi sistemi fognari fin dall’8.000 a.C. in Asia Minore, alla faccia della Mesopotamia! – le classi di specialisti aumenteranno, portando al mantenimento di clero, burocrati, artisti e tutte le categorie adatte per l’affermasi di civiltà e imperi.
Ma alla nostra analisi preme unicamente la “casta militare” che sta emergendo, la quale si inizia a dotare di un proprio apparato di valori e si trova una collocazione nella società – se si guardano tutte le civiltà antiche la lotta per il secondo posto dietro al sovrano sarà sempre concentrata tra sacerdoti e militari, solo molto più avanti si affiancherà la burocrazia -, spesso riuscendo a prevalere sulla sua controparte religiosa – dinastie militari – oppure venendo a patti con essa – dinastie di origine divino-guerriera -. D’altro canto l’unica forza che poteva controbilanciare la paura della popolazione verso l’uso della forza bruta era unicamente il timore negli dei, cosa che i sacerdoti seppero sfruttare abilmente per i loro scopi fino al XVII secolo dell’Era Volgare in Europa e ancora ora in altre parti del globo.
Con queste ultime considerazioni ci siamo spinti fino all’era dei metalli, nella quale l’uomo impara ad addomesticare ai suoi scopi le prime leghe, forgiando i primi utensili di uso quotidiano, ornamentali, da lavoro e da guerra.
Da questo momento si entra in una fase evolutiva importante e decisiva nella storia militare di tutte le epoche: la capacità, la possibilità o l’intuizione di dare una spinta tecnologica all’arte bellica procurerà dei vantaggi spesso sostanziali e alcune volte fondamentali per l’affermazione di nuovi popoli sugli altri.
Esempio cardine può essere ravvisato nella conquista delle Americhe, dove un pugno di avventurieri spagnoli e portoghesi, saliti alla ribalta con il celeberrimo nome di Conquistadores, distrussero imperi che potevano schierare decine di migliaia di guerrieri. Come fecero? Loro dissero che l’avevano voluto “Gesù, Maria e Santiago (il santo guerriero spagnolo)”, ma senza scomodare tali eminenti personalità che di sicuro avevano occupazioni ben più importanti da quella di patrocinare lo sterminio di venti milioni di indios, basta vedere cosa avevano portato dalla vecchia Europa gli europei.
Lasciando da parte il mito di archibugi e cannoni, che furono utilizzati in numero troppo esiguo per risultare decisivo, e l’opera delle malattie infettive, che mieterono decine di migliaia di vittime ma non rientrano nella nostra analisi degli scontri bellici, rimangono le spade, le corazze e i cavalli.
Le lame europee, fatte in solido ferro o acciaio, risultarono semplicemente irresistibili per le difese di tessuto, d’osso e di piume dei soldati inca o aztechi, mentre le armi offensive di questi ultimi (di ossidiana, d’osso o di legno) si frantumavano sui pettorali di metallo degli invasori bianchi. Aggiungete ora un mezzo di trasporto che poteva aumentare la loro capacità offensiva – mediante la carica con la lancia – e di movimento sul campo di battaglia e avrete la vostra risposta.
Aggiungete la spregiudicatezza, la prontezza e la genialità di avventurieri come Cortez e Pizarro, che seppero sfruttare le lotte di potere tra i sovrani indigeni, il timore religioso locale che gli identificava come divinità bianche d’oltremare – Quetzalcoatl in Messico e Viracocha in Perù – e i vantaggi derivati dalla loro superiorità di morale – intesa come fanatismo religioso, d’altro canto la Reconquista in Spagna era finita proprio nel 1491 e lo spirito crociato era ancora forte nella penisola – e tecnologica e potrete far combaciare tutti i pezzi che portarono alla nascita del primo impero coloniale dell’Era Moderna.
I poveri popoli mesoamericani avevano perso in partenza, sin da quando la Santa Maria, dopo oltre un mese di peregrinazione per l’ignoto Atlantico, aveva avvistato per la prima volta l’isoletta che venne ribattezzata San Salvador!
Alberto Massaiu
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