La Germania moderna, come ho scritto in quest’altro articolo del blog, fu fondata dal genio politico di Otto von Bismarck nel decennio tra gli anni sessanta e settanta del XIX secolo. La sua prima preoccupazione, negli anni successivi, fu il rafforzamento della politica egemonica tedesca in Europa, evitando l’accerchiamento da parte di Francia e Russia, oltre che il non entrare in conflitto con la superpotenza marittima e coloniale della Gran Bretagna.
Per questa ragione egli era fortemente contrario alla creazione di un impero coloniale tedesco e di una corsa agli armamenti navali che avrebbe messo il paese in competizione con gli inglesi. Da fine uomo di Stato qual era aveva compreso che una guerra su due fronti sarebbe stata la fine anche per l’agguerrito, numeroso e disciplinato esercito germanico, che si sarebbe dissanguato nelle steppe russe (come era successo a Napoleone) o avrebbe diviso il suo potenziale in due fronti, rischiando di non riuscire più a prevalere sugli avversari.
Fatte queste considerazioni, fino a quando rimase in sella si dedicò all’isolamento della Francia (con cui non si poteva trattare visto lo schiaffo della sconfitta nel 1871 e l’occupazione dell’Alsazia-Lorena), stringendo accordi con la Russia e mediando a proposito dei suoi attriti balcanici con l’Austria-Ungheria, che si stava lentamente trasformando in un satellite di Berlino.
In questo senso, dopo la strepitosa vittoria zarista contro l’Impero Ottomano del 1877-1878, che aveva imposto il durissimo Trattato di Santo Stefano alla Sublime Porta a aperto al rischio di una futura occupazione russa di Costantinopoli e degli stretti dei Dardanelli, Bismarck puntò a calmare gli animi indicendo una conferenza internazionale a Berlino.
Questo suo capolavoro diplomatico allontanò lo spettro di una guerra in oriente – un sequel della guerra di Crimea di vent’anni prima, sempre causata dall’espansionismo zarista contro la Turchia – e confermò la Germania come centro di equilibrio tra gli Stati europei. Il suo progetto fu suggellato dal Trattato di contro-assicurazione del 1887, dove il suo paese e la Russia si accordarono per un mutuo aiuto militare in caso di attacco alla Germania da parte della Francia o di attacco alla Russia da parte dell’Austria-Ungheria.
Purtroppo, per l’anziano statista, si avvicinava il crepuscolo politico. Il suo sovrano, a cui aveva letteralmente regalato un impero, si spense nel 1888, all’età di novant’anni. Nell’arco di tre mesi, il suo successore, Friedrich III, morì di tumore alla gola, aprendo la successione al giovane e volitivo principe Wilhelm, che a meno di trent’anni si trovò a governare uno degli Stati più grandi, ricchi e potenti al mondo.
Questi era un convinto fautore della trasformazione della Germania in prima potenza globale, scalzando la Gran Bretagna dal suo ruolo egemone. Non era perciò disposto a seguire i saggi consigli di Bismarck, ma si circondò ben presto di persone come Bernhard von Bülow, che manifestava il suo pensiero così: “Wir wollen niemanden in den Schatten stellen, aber wir verlangen auch unsern Platz an der Sonne”, traducibile con “Noi non vogliamo mettere in ombra nessuno, ma rivendichiamo il nostro posto al sole”. Per posto al sole si intendevano terre e colonie d’oltremare, per cui era necessaria la creazione di una potente flotta da guerra d’alto mare – la futura Hochseeflotte – e ingenti investimenti militari.
Un primo segno di cedimento alla sua linea politica il reichkanzler lo aveva dovuto concedere già alcuni anni prima, quando nel 1884 aveva indetto un’ennesima conferenza a Berlino per discutere delle questioni africane, aprendo alla possibilità dell’espansione coloniale nel Continente Nero.
La Conferenza fu voluta da Otto von Bismarck e dalla Francia allo scopo di regolare le molteplici iniziative europee nell’area del bacino del fiume Congo. Tuttavia la conferenza consentì, seppure non negli atti ufficiali, alle potenze europee di proclamare possedimenti all’interno delle zone costiere occupate. Ciò portò alla cosiddetta corsa per l’Africa, che nell’arco di un paio di decenni consegnò quasi tutto il continente al dominio di sei paesi (Gran Bretagna, Francia, Italia, Germania, Portogallo e Belgio).
La causa di questi eventi fu l’ambiziosa intraprendenza di Leopold II del Belgio, che dagli anni ’70 aveva in animo di ritagliarsi un possedimento coloniale in Congo. Con la scusa di spedizioni geografiche e filantropiche, visto che né il governo né il popolo belga sembravano interessati a tale progetto, il sovrano agì quasi da privato cittadino, reclutando esploratori come Henry Morton Stanley e mercenari per occupare una regione vasta e ricca di risorse naturali come i diamanti. La sua azione fu caratterizzata da atrocità e soprusi di tale violenza e numero (si dice che tra spedizioni punitive, conflitti, ribellioni, malattie e sfruttamento ai limiti della schiavitù, in quegli anni morirono oltre tre milioni di persone) da poter considerare la conquista del paese come un vero e proprio genocidio.
Ad ogni modo questo processo aveva riattivati tutti i paesi che avevano interessi nella zona, come Gran Bretagna, Francia e Portogallo, a cui si aggiunsero l’Italia (in Eritrea e Somalia) e la Germania.
Nel 1890 Wilhelm II riuscì a mettere all’angolo Bismarck, che si dimise, lasciando al sovrano campo libero in quella Weltpolitik che si incardinava sull’affermazione della potenza germanica ai quattro angoli del pianeta. Per prima cosa non venne più rinnovato il trattato di contro-assicurazione con la Russia, che la spinse ad avvicinarsi alla Francia (proprio quello che Bismarck temeva).
Allo stesso tempo la creazione della flotta militare, che nei sogni egemonici del sovrano doveva superare quella della Gran Bretagna, misero in agitazione anche questa potenza, oltre che Stati Uniti e Giappone, che divennero rivali nella corsa alle colonie del Pacifico e in Cina. Infine l’avvicinamento alla Turchia e la costruzione della ferrovia che da Berlino doveva portare a Baghdad, passando da Costantinopoli, metteva a rischio gli interessi geopolitici sia russi che britannici in Persia, che per una volta dopo tanto tempo si trovarono d’accordo su qualcosa. Nel 1905 la Germania arrivò quasi alla guerra con la Gran Bretagna e la Francia quando quest’ultima tentò di instaurare un protettorato sul Marocco. La crisi, superata solo in parte, tornò in auge sei anni dopo, quando la Francia si fece di nuovo sotto nella questione, riuscendo alla fine ad aggiudicarsi il protettorato sulla regione atlantica.
La Germania era arrivata suo malgrado in ritardo alla corsa coloniale e come tale dovette accontentarsi di colonie sparse, non saldate tra loro in un vasto unicum, aspetto che rese deboli le sue posizioni durante il conflitto mondiale, che irrimediabilmente la tagliò fuori dalla madrepatria, consegnandole facilmente alle offensive dell’intesa, che in quei teatri poteva concentrare decine di migliaia di uomini in più.
Alla fine, all’alba del XX secolo, l’immenso sforzo economico e militare tedesco aveva guadagnato al paese vari territori in Camerun, Togoland, Africa del Sud-Ovest, Tanganica e Lamu per un totale di poco meno di 2 milioni di km² (la superficie della Germania attuale è di circa 360.000), a cui si aggiungevano la Nuova Guinea, l’arcipelago delle Bismarck, le isole Salomone, Marianne, Caroline, Nauru, Marschall, Bouganville e Samoa nel Pacifico, più delle basi in Cina e perfino in Antartide, come la Wilhelmland e la Luitpoldland (terre rivendicate tra il 1882 e il 1912 ma mai occupate).
Ad ogni modo questo piccolo impero sparso per il pianeta fu spazzato via dal Trattato di Versailles del 1919, che dissolse ogni dominio d’oltremare del Reich, ridistribuito a tavolino tra i vincitori. L’atteggiamento cieco e arrogante di Wilhelm II, che aveva sopravvalutato la potenza del suo paese, aveva portato ad una coalizione di tale portata che aveva visto tutto il mondo schierato contro la Germania, portandola alla rovina.
Esattamente vent’anni dopo, un altro uomo di potere tedesco ignorò questa lezione, causando l’ennesima conflagrazione globale e il definitivo tramonto della potenza militare germanica e delle sue ambizioni di grande Nazione.
Alberto Massaiu
2 Comments
Buongiorno Alberto. Bell’articolo come sempre ma non sono d’accordo con quel “definitivo” tramonto nell’ultima frase. Oggi la Germania e’ purtroppo di nuovo la potenza dominante in Europa dal punto di vista economico e politico e il suo mercantilismo l ha riportata in vetta al mondo. Infine le loro spese militari sono ormai affini a quelle di Francia e RU…
Ciao Antonio. La Germania moderna è per certo un colosso economico, ma il suo peso a livello di leadership globale è basso. Quello che intendevo era la scomparsa della sua politica di potenza militare, che in Europa è più preminente, ad oggi, ad esempio nella Francia.