Konstantinos XIII tentò subito di riportare equilibrio e pace in un impero prostrato da uno stato di guerra permanente fin dal 1546, sostenuta contro persiani, tedeschi, francesi, spagnoli, tartari e infine tra romani stessi. Tolleranza fu la parola d’ordine della propaganda imperiale, mentre in sordina agiva la lenta e sottile influenza romana, con l’esportazione di cultura, lingua e religione romana tanto nei themata, quanto nelle colonie.
Le legioni vennero riportate a pieno organico e nuovamente riformate, all’insegna dei più moderni mezzi della scienza bellica di Costantinopoli. La flotta fu al centro di una titanica trasformazione. I galeoni romani, infatti, dovevano contrastare i pirati e i corsari francesi, inglesi e olandesi, che disturbavano in continuazione i commerci oceanici dell’impero. Vennero così creati due comandi distinti, il primo era quello Mediterraneo, con sede a Costantinopoli con a capo il megas droungarios del Mare Interno, il secondo d’Oltremare, con sede a Lisbona, con a capo il megas droungarios degli Oceani.
Nel 1571, dopo ripetuti insulti diplomatici e la cattura di dieci imbarcazioni mercantili romane, Konstantinos decise di farla finita con gli inglesi, i più coriacei avversari sui mari.
Furono mobilitate sia le forze mediterranee sia quelle oceaniche, raggruppando una schiera di 138 galeoni e imbarcazioni da battaglia e 120 navi da trasporto, che furono poste sotto il comando del megas droungarios Mircea Dracula, secondogenito del prinkeps di Valacchia Vlad VI.
Venne perfino firmato un trattato con il nuovo kaiser di Germania Philipp I, succeduto al padre Karl nel 1569, che permise lo scalo strategico della flotta nei Paesi Bassi in cambio di 10.000 pezzi d’oro e delle concessioni territoriali sui confini croati e del Tirolo.
Il 21 maggio la grande flotta partì da Lisbona sotto i migliori auspici di bel tempo. La regina Elizabeth, sovrana protestante d’Inghilterra, inviò le sue navi da battaglia a contrastare l’avanzante marina imperiale. Un primo scontro avvenne nei pressi della costa della Bretagna il 15 giugno e fu una battaglia senza vincitori ne vinti, ma piuttosto un analisi dell’avversario.
La flotta inglese si ritirò nella base navale di Southampton, permettendo alle imbarcazioni romane di attraccare ad Anversa. In luglio, dopo aver ricevuto rifornimenti, fatto riparazioni e aver steso piani operativi, Mircea ordinò l’avanzata verso la costa nemica.
Il 26 e il 27 luglio videro un duplice scontro nei pressi delle scogliere di Dover: i più esperti marinai inglesi fecero pagare un duro scotto ad alcuni galeoni romani che si erano lanciati in un tentativo di abbordaggio, affondando o rendendone inabili al combattimento ben dodici, perdendo solo quattro legni. Ma la battaglia era stata solo un azione diversiva per il vero obiettivo, ovvero lo sbarco di 8.000 soldati agli ordini Emanuele Filiberto e Georgios Kantakouzenos, che cinque giorni dopo affrontarono in una battaglia di linea le milizie della regina.
Tanto quanto gli inglesi erano bravi negli oceani, tanto i romani sulla terraferma, infatti questi ultimi travolsero un numero doppio di nemici e giunsero a Londra. Il 13 agosto la capitale venne messa a sacco, mentre Elizabeth fuggiva ad Oxford e poi a Nottingham.
Quando la flotta romana attraccò nel Kent, sbarcando altri 20.000 soldati, la sovrana scese a più miti consigli e implorò la pace. Konstantinos fu inflessibile, e le ordinò di sposare il proprio primogenito, Basileios. Elizabeth, ventiseienne, aveva otto anni più del promesso sposo, ma questo poco importava al confronto degli immensi vantaggi politici ed economici di quell’unione.
Condotta a Costantinopoli prima della brutta stagione, in ottobre venne celebrato il matrimonio e l’anno dopo venne presentato a Londra il nuovo sovrano, erede del trono romano e inglese. Nonostante le differenze culturali e d’età il loro fu sorprendentemente un matrimonio felice e prolifico, che generò quattro figli maschi: Isakios, Manouel, Alexios e Romanos.
Le colonie d’oltremare inglesi dovettero accettare i commercianti e le navi romane, e allo stesso tempo la loro flotta venne temporaneamente trasformata in una marina mercantile, protetta dai robusti e potenti galeoni imperiali.
Solo la Francia e Il Sacro Romano Impero Germanico potevano ancora contrastare il dominio sempre più accentuato di Costantinopoli. Ma Konstantinos, che aveva sposato la sorella del sovrano Henri II, era in buoni rapporti con i primi – a parte i problemi già citati della guerra di corsa, che rimase comunque una questione marginale in questi primi anni – e con i secondi mediò un accordo.
Infatti Philipp I, che da poco aveva guerreggiato con la Polonia-Lituania per strapparle il vassallaggio della Prussia tedesca, oltre che installare sue guarnigioni in Slesia, aveva bisogno di tempo per riorganizzare i suoi possedimenti, sempre in crisi a causa dei contrasti religiosi.
La proposta di Konstantinos fu quella di approfittare dell’ennesima crisi dinastica ungherese per spartirsi il paese tra loro. Philipp, dopo aver contrattato su alcune zone confinarie, accettò nel 1575. Tutti i territori a sud del Danubio, compresa la città di Buda, vennero occupati da Costantinopoli. Quelli a nord passarono a Philipp, fino allo stato della Transilvania, che venne assegnato al suo fratello naturale Johann d’Austria come vassallo. Il sovrano tedesco preferì infatti gestire le nuove acquisizioni come stati di Alta Ungheria e Transilvania, che diede in appannaggio a membri della famiglia, piuttosto che incorporarli nel Sacro Romano Impero. L’accordo venne suggellato dal matrimonio tra la nipote di Konstantinos, Eirene, e Johann.
La pace fu così assicurata in occidente per vari anni, seguendo le geometrie e la politica d’equilibrio della Pax Romana, inaugurata dal grande basileus.
L’epoca che va dalla morte di quest’ultimo, sopraggiunta per un malore improvviso durante una battuta di caccia nel 1582, e quella di suo figlio Basileios nel 1623, fu contrassegnata da un espansione economica, culturale e politica senza precedenti nella storia del mondo.
Venne definita dagli storici come Edward Gibbon, nel suo “History of the Eternal Empire”, tradotto in greco e latino con il titolo di “Storia dell’Impero Romano Universale” e pubblicata nel 1788, come i Quaranta Anni Felici, messi a paragone con il Beatissimum Saeculum degli augusti Traianus, Hadrianus e Marcus Aurelius, con gli anni d’oro di Basileios I e II o di Alexios VI.
La pace regnava in Europa, Africa e Asia, e l’Inghilterra fornì all’impero marinai e navigatori in abbondanza tale da permettere un enorme incremento nell’azione coloniale. La marina di Costantinopoli ne beneficiò enormemente, diventando il gendarme degli oceani contro pirati e corsari.
Nel 1584 morì senza eredi Charles di Nevers, re di Navarra e ultimo signore della Marca Spagnola. Sia il sovrano di Francia che Philipp d’Austria proclamarono i loro diritti su quel territorio, ma Basileios IV, molto più pragmaticamente, ordinò alla VII e alla XVIII Legio di avanzare e occupare i centri più importanti e i passi dei Pirenei. L’azione, totalmente incruenta, mise i due contendenti di fronte al fatto compiuto, ovvero che la Spagna indipendente non esisteva più.
In quanto ad eredi, invece, Basileios non poteva lamentasi: la sua consorte gli aveva dato da poco un quarto figlio, Romanos, e insieme vivevano una felice vita coniugale, viaggiando molto e visitando ogni angolo dell’Impero Romano. Sono attestati almeno sette viaggi tra il 1572 e il 1585: Inghilterra (1572), Italia (1574-75), nuovamente Inghilterra (1577), Spagna (1579), Africa (1581), Egitto (1582) e una terza visita in Inghilterra (1584).
Dal 1596 lo stesso Isakios, primogenito della coppia, venne inviato nel regno della madre per poter conoscere bene i costumi del popolo che sarebbe stato sotto il suo dominio e vi rimarrà fino al 1610, governando come reggente.
In quanto all’espansione coloniale, prima monopolizzata da iberici o italiani, venne sempre più affidata a capitani inglesi. Francis Drake, ex corsaro che aveva combattuto contro i romani nel 1571, nominato megas droungarios Okeanos nel 1585, esplorò più a fondo il continente colombiano, fondando basi con porti e colonie tra il 1588 e il 1590.
Nel 1592 partì verso oriente con una nuova spedizione di 36 galeoni: non rivide più né l’Inghilterra, ne la sua nuova patria, in quanto rimase in mare per sette anni, fino alla morte nel 1599. La sua opera fu la consegna a Costantinopoli di nuovo impero tra le isole del Pacifico.
Nel 1598 uno dei suoi ufficiali, uno scozzese di nome Robert Douglas, scoprì un’immensa terra, che poi si rivelerà essere un continente intero, a sud degli arcipelaghi dell’Indonesia, che battezzò Basilia. Ai nostri giorni, dopo l’avvento migratorio di popoli di lingua anglosassone che la colonizzeranno nel XVIII e nel XIX secolo, è stata ribattezzata Australia. La prima colonia che venne stabilita a quei tempi, nel 1599, si chiamava Augusta Basilia, i cui ruderi si possono visitare presso la moderna città di Darwin.
Lo stesso scozzese che aveva scoperto l’isola-continente, durante una spedizione finanziata personalmente dalla basilissa Elizabeth nel 1604, si trovò ad esplorare nuove isole perfino più a sud del continente, che vennero in suo onore denominate Nuova Inghilterra.
Una missione diplomatica e militare, capitanata da Theodoros Phokas e con aiutanti Manouel Komnenos Palaiologos e Mikhael Doukas, giunse presso il sultanato del Brunei, ultima roccaforte indipendente in quell’area. Nel 1607, dopo un breve bombardamento della capitale, questo si arrese e accettò il protettorato da parte dell’Impero Romano. La campagna continuò con la presa della leggendaria città di Sabana – di cui aveva scritto secoli prima il grande geografo Klaudios Ptolemaios – nel 1608, che divenne una base fortificata fondamentale nel sistema di controllo dello scacchiere degli Stretti di Malacca con il nome di Singapura. Inoltre i principi di Ayutthaya, di Cambogia e del Dai Viet accettarono un’alleanza commerciale con i romani.
Durante il viaggio di ritorno a Costantinopoli la spedizione si impadronì di alcune città e fortezze costiere in Arabia e venne rivendicata e avviata la colonizzazione dell’isola del Madagascar.
Con la nascita tra il 1579 e il 1582 di Alexios e Romanos i problemi di successione, sempre pericolosi per ogni dinastia, sembravano scongiurati. Ma in questo caso la previsione non si rivelò corretta, e presto i fatti l’avrebbero dimostrato.
Isakios, il primogenito, era infatti un buon governante e un valente soldato, ma era vittima fin dall’adolescenza di uno strano squilibrio mentale, che lo portava a crisi isteriche repentine e violente, che diverse volte erano sfociate in oscuri fatti di sangue, subito messi a tacere.
Nonostante questo egli si era dimostrato un bravo generale, e lo confermò a tutti quando tra il 1604 e il 1606 sconfisse gli irlandesi e nel 1608 gli scozzesi, loro alleati. Nel biennio 1609-1611 conquistò Edimburgo, Stirling e Glasgow, mettendo poi a sacco le Highlands, senza però domarle del tutto. Il regno della madre ne uscì molto più rafforzato e sicuro, visto che Isakios impose agli Stuart di Scozia e ai capi irlandesi di giurare fedeltà a Londra.
La forte personalità di Elizabeth era riuscita a fare in modo che le corone di Inghilterra e di Costantinopoli rimanessero separate, anche se tutte e due in possesso nominale del basileus. Questa inaccortezza politica sarà alla base della futura secessione del paese nel 1624.
Inoltre l’autokator aveva steso dei grandiosi piani di espansione futura, con la ripresa delle ultime terre occidentali che un tempo appartenevano all’Impero Romano. Per far ciò bisognava aumentare il potenziale militare attivo senza bisogno di reclutare troppi nuovi soldati. Il problema fu risolto dai grandi ingegneri militari romani del XVII secolo. Il Vallum Hispaniarum fu innalzato alla frontiera pirenaica: 12 fortezze principali e 36 piccoli forti crearono una barriera inespugnabile nei passi montani che dividevano la Spagna dalla Francia. Il Vallum divenne un esempio di superba tecnica e architettura moderna, che richiedeva poche forze di guarnigione per funzionare a pieno regime.
Isakios, preso spunto dall’opera, decise di innalzare l’antico e leggendario Vallum Hadriani, che separava l’antica provincia di Britannia dai barbari del nord. La sua fu soprattutto un’opera di propaganda, in quanto gli scozzesi erano oramai sottomessi, ma suscitò grande effetto nella popolazione di quelle terre.
Fu invece più pratica la sua scelta di reclutare nel 1608 due legioni totalmente inglesi: la XXI Legio Britannica e la XXII Legio Basilia Victrix.
Basileios nel frattempo stava espandendo la sua influenza a nord: nel 1551 suo nonno aveva dato in sposa sua sorella Theofania a Ivan di Moscovia. Ora i sovrani di quelle terre gelate avevano fatto passi da gigante, occupando Kiev e Smolensk a polacchi e lituani, conquistando le steppe dal Mar Nero al Mar Caspio e iniziato ad esplorare le terre aldilà degli Urali. Basileios invitò a Costantinopoli nella primavera del 1612 il velikij knjaz Ivan V e suo figlio Vassili.
Sin dai tempi di suo padre i signori di Mosca desideravano una legittimazione del loro status da parte di una grande potenza, chiedendo un titolo adatto al loro rango all’imperatore di Costantinopoli. Basileios decise che quell’ora era giunta: con una sontuosa celebrazione ad Aghia Sophia adottò come figlio Ivan, ribattezzandolo Romanos, e lo investì con l’altisonante titolo di kaisar di tutte le Russie. Ivan-Romanos accettò la protezione dell’impero e proclamò la sua fedeltà eterna al trono di Roma e al patriarca di Costantinopoli.
L’alleanza che venne stretta quel giorno avrà enormi risvolti nel futuro, quando lo Stato che Romanos I e Basileios IV crearono quella notte si estenderà dal Baltico fino al Pacifico.
Il monarca russo si fregiò del nuovo titolo assegnandogli un valore imperiale molto simile a quello dato alla corte costantinopolitana. Con la sua nuova forza poté così imporsi sui suoi nobili sempre pronti alla ribellione, concludendo l’opera del padre e sterminandoli tutti tra il 1614 e il 1617. Lasciò così al figlio Vassili, che salirà al trono nel 1619 con il nome di Romanos II, un regno forte e accentrato. Con il tempo il suo popolo e la stessa corte deformarono il titolo concesso da Basileios per renderlo più adatto alla loro lingua, che da kaisar divenne czar e infine tsar.
L’unico fallimento del fortunatissimo regno di Basileios fu l’invasione del Giappone, un regno insulare al di là delle coste della Cina. Ma andiamo per gradi: molti missionari ortodossi erano sbarcati a convertire i nipponici fin dal 1570, con il beneplacito di Oda Nobunaga e del suo successore Toyotomi Hideyoshi, i due signori della guerra che governavano il Giappone in nome dei vari imperatori fantoccio chiusi nel sontuoso palazzo di Kyoto.
Nel 1605, però, la musica era cambiata. Il nuovo shogun Tokugawa Ieyasu, diventato arbitro supremo della politica nipponica dopo la sua vittoria nei campi di Sekigahara, decise che la nuova religione andava contro le vecchie usanze e corrompeva i giovani. Prima bandì i missionari e obbligò i giapponesi convertiti ad abiurare, poi passò alle vie di fatto massacrando tutti senza pietà. Tra il 1608 e il 1612 vennero uccisi nelle isole del Sol Levante ben 300 missionari romani e 40.000 convertiti, poi lo shogun chiuse le frontiere agli stranieri.
Basileios IV non poteva tollerare uno insulto del genere, ma il punto di rottura avvenne nel 1614, quando il figlio di Tokugawa invase la Corea e la Cina, sterminando senza distinzione i nativi con i mercanti e i sacerdoti cristiani che vi trovò.
Negli ultimi anni di espansione coloniale i romani avevano ottenuto una sorta di protezione internazionale, tacitamente rispettata da praticamente tutti i popoli incontrati ai quattro angoli della terra. Con la loro azione i giapponesi si erano comportati come i peggiori barbari e andavano puniti senza pietà.
Una parte della basilikon nautikon d’oltremare venne incaricata di traghettare per l’immenso viaggio una forza d’invasione al comando del magister militum genovese Ambrogio Spinola. Il comando dei galeoni venne affidato all’esperto droungarios inglese Walter Raleigh. I due si odiavano cordialmente per una faccenda risalente a dieci anni prima, relativa a una questione di dame e debiti, e questo porterà al fallimento dell’operazione. Il governatore cinese di Canton ricevette la flotta nel 1616 a cui, ben conscio dell’importanza dell’alleanza con l’Impero Romano e furioso per gli attacchi dei pirati nipponici che erano arrivati fino a quelle acque, fornì rifornimenti e rinforzi.
Nella tarda primavera del 1617 fu sferrato l’attacco, che portò all’occupazione delle isole meridionali Ryûkyû e successivamente al saccheggio dell’isola Shikoku. Laggiù i soldati cinesi e romani vennero lasciati a briglia sciolta e massacrarono tra i 7.000 e i 15.000 civili.
A luglio si decise lo sbarco nelle isole maggiori, per puntare direttamente sulla capitale imperiale di Kyoto. Presso la città si era radunata una buona parte delle schiere nipponiche: 80.000 samurai a piedi e a cavallo sbarravano il passo per la fortezza.
Dall’altra stava Ambrogio Spinola con 25.000 uomini, mentre aspettava i rinforzi che dovevano giungere grazie alla flotta.
Il droungarios e il magister militum non trovarono un accordo e il primo non si presentò all’appuntamento. Al suo posto arrivarono i giapponesi, che attaccarono in forze i romani di Spinola. Nonostante la disparità numerica il comandante genovese aveva dalla sua la disciplina, le armi moderne e la professionalità dei legionari, fattori che avevano fatto trionfare innumerevoli volte le armate imperiali.
Ma nessuno era preparato all’ardore e al fanatismo dei samurai, che incuranti degli enormi varchi aperti dai moschetti e dai cannoni caricati a mitraglia, si fecero sotto con impeto. Nel corpo a corpo le loro lunghe spade misero in difficoltà i legionari armati di picche e daghe a lama larga. Dopo diverse ore di assalti i romani erano allo stremo, mentre i guerrieri nipponici si lanciavano nella piana per l’ennesima volta, a farsi disciplinatamente e stoicamente massacrare al solo fine di raggiungere il nemico all’arma bianca.
Fu in quel momento che Spinola decise di non rischiare una possibile disfatta così lontani da casa e ordinò la ritirata generale, lasciando tutta l’artiglieria, resa inutilizzabile, in mano giapponese. Il sanguinosissimo scontro era costato 3.000 caduti ai romani e 18.000 ai giapponesi, che erano rimasti padroni del campo.
Ambrogio Spinola, dalla sua base fortificata sulla costa, venne a sapere che un’altra armata di 50.000 samurai stava sopraggiungendo con a capo lo stesso Tokugawa, capì di non potercela fare e si trasferì nelle isole occupate. L’invasione era finita, anche se per tutta l’estate gli imperiali affondarono ogni legno nipponico che trovarono a devastarono porti e villaggi costieri lasciando un indelebile ricordo dei “diavoli bianchi” nella popolazione e nel folklore.
Il Giappone rimase così indipendente, ma al prezzo del totale isolamento diplomatico e vittima di occasionali atti di pirateria cinese e romana. L’armata tornò a Costantinopoli nel 1619, dopo aver circumnavigato l’Africa.
Basileios non fu conosciuto solo per l’espansione militare dei suoi domini coloniali, ma anche per la sua cultura. Negli anni a cavallo tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo invitò alla sua corte numerosi poeti, studiosi ed artisti: il drammaturgo William Shakespeare, lo scienziato Galileo Galilei, il poeta Ludovico Ariosto e più tardi gli architetti Bernini e Borromini, i pittori Caravaggio e Velasquez e moltissimi altri. Egli stesso compose diverse opere, seguendo la scia lasciata da precedenti imperatori eruditi come Marcus Aurelius, Leon il Saggio e Konstantinos VII. Tra le sue opere, il De Administratio Imperii, un saggio sul buon governom l’Historia Christiana, una raccolta di aneddoti, vicende miracolose e vite di santi di stile classicheggiante e ridondante, ma con alcune interessanti notizie riguardo al funzionamento delle conversioni nelle colonie oceaniche. Incompleto, visto che ne interruppe la stesura nel 1620, è giunto fino a noi un trattato sulla caccia e gli sport praticati a corte, con splendide testimonianze di molti aspetti della vita aristocratica di quell’epoca.
Sono infine rimasti, ma i primi sono di incerta attribuzione, diversi versi poetici e alcune lettere personali relative ai suoi numerosi viaggi, con dettagliate descrizioni di usi e costumi delle varie regioni che sono risultate utilissime agli studi antropologici e sociologici dell’Akademeia di Costantinopoli compiuti tra il 1848 e il 1872 dal celebre Mavrikios Ypsilantis, nel suo saggio sui popoli del mondo.
Ultima cosa che non poteva mancare per un basileus tanto potente, fortunato e acculturato, fu l’intensa attività edilizia. A sue spese vennero innalzate o ristrutturate almeno 100 chiese, 22 solo a Costantinopoli. Vennero ampliate strade e costruiti ponti nei Balcani, in Spagna, in Italia e in Asia, mentre in molte città promosse l’edificazione di terme e bagni pubblici, teatri, monasteri, accademie, scuole, università e biblioteche.
Infine decise di realizzare due progetti grandiosi.
Vista l’immensa quantità di tempo che era necessaria ogni volta per circumnavigare l’Africa per arrivare in India e nei domini dell’Oceano Pacifico egli pensò di creare nel thema d’Egitto un canale che collegasse attraverso la penisola del Sinai il Mar Mediterraneo con il Mar Rosso.
L’idea dimostrava il livello di ambizione di questo sovrano padrone di una buona parte del mondo conosciuto. Collegato a questa prima opera puntava inoltre a reinnalzare l’antichissimo pharos di Alessandria, costruito in epoca ellenistica e crollato per un terremoto tre secoli prima. Con suo grande dispiacere il basileus non le vide mai compiute, limitandosi ad inaugurarle con una fastosa cerimonia nell’anno 1622.
Alberto Massaiu
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