Napoleone Bonaparte era nato nel thema della Corsica nel 1769. La sua era una famiglia aristocratica decaduta locale. Viste le condizioni di non grande ricchezza, era stato fin da subito instradato verso l’esercito, entrando ad appena quattordici anni nell’accademia militare “Octavianus Augustus” a Roma. Nel 1786, a diciassette, aveva ottenuto il grado di centurio di artiglieria ed era stato trasferito nelle truppe di stanza nei sobborghi della capitale. Come già evidenziato in precedenza, quelli erano anni di grandi mutamenti e le rivolte minacciano la stabilità dell’Impero Romano, travolto dalle idee degli Illuministi e indebolito dal malgoverno interno. Nel 1789 erano scoppiati quei fermenti a Costantinopoli in cui lo stesso Palazzo Sacro era stato assaltato da una folla di 40.000 persone.
Il magister militum praesentalis Mikhael Kantakouzenos, che aveva tentato una congiura di palazzo ai danni del basileus Konstantinos XVI, era stato appena giustiziato e le forze di stanza nella città erano allo sbando. Napoleone si distinse fin da subito, prendendo di forza il comando di tutti gli uomini e i pezzi d’artiglieria che riuscì a radunare, e cannoneggiò a mitraglia i rivoltosi. Dopo tre giorni di durissimi scontri sul terreno rimasero 20.000 caduti, di cui appena un centinaio militari. La rivolta era stata così domata.
Il 4 luglio del 1789 Napoleone venne quindi insignito del titolo di magister militum praesentalis, con a comando le più forti unità dell’impero. Con questo incarico dovette vedersela con due feroci avversari: Kaisar Doukas, magister militum per occidentem, che si era proclamato basileus a Roma, e Andronikos Phokas, magister militum per orientem, che si era anche lui proclamato basileus ad Alessandria. Un disperato Konstantinos lo inviò con 25.000 uomini a bloccare Kaisar, mentre con la maggior parte delle truppe a lui ancora fedeli tentò di tenere l’Anatolia.
La fine del 1789 e l’inizio del 1790 videro un ventunenne e sconosciuto comandante corso che bloccò i 50.000 soldati occidentali di Doukas a Durazzo, poi li ricacciò indietro in due spettacolari scontri a Ragusa e a Belgrado, per poi trionfare in una battaglia di linea presso Trieste. Alla fine il comandante nemico fu ucciso per mano dei suoi stessi alti ufficiali, che implorarono Napoleone di accettare la loro resa.
Molto peggio era capitato a Konstantinos. I suoi 40.000 effettivi erano stati battuti ad Ancyra il 3 agosto, poi respinti a Dorileo il 21 e ricacciati nel thema dell’Opsikion per settembre. Tutto ottobre era servito ad Andronikos per occupare ogni brandello di territorio anatolico rimasto fedele al basileus, e solo a novembre aveva scagliato una violenta offensiva verso Nicea, Nicomedia e Prousa.
20.000 soldati di Konstantinos erano passati nelle fila di colui che sembrava sarebbe stato il prossimo basileus e avevano permesso la caduta di tutte e tre le città per dicembre, aumentando gli effettivi di Andronikos fino a 60.000 unità. Un sovrano ormai terrorizzato, chiuso nella sua reggia costantinopolitana, chiamò il proprio generale vittorioso, che si precipitò a tutta velocità verso la capitale. Con una straordinaria marcia, la prima di tante altre che gli doneranno un’infinità di vittorie, arrivò sotto il Teichos Alexiakon il 22 gennaio.
Aveva con se 15.000 legionari e poté rinforzarsi con 10.000 soldati della Guardia Imperiale, 3.000 thalassastratiotai e 2.000 cavalleggeri cosacchi forniti dallo tzar di Russia. Nessuno pensava che ci sarebbe stata speranza contro il famoso e temuto cinquantenne Andronikos Phokas, vincitore degli etiopi nella campagna di pochi anni prima. Il 20 gennaio il droungarios della flotta Alessandro Farnese abbandonò il Corno d’Oro con 120 galeoni e si schierò con il ribelle, permettendogli di traghettare la sua armata in Tracia.
Napoleone non si scompose e schierò i suoi uomini presso Gallipoli, dove era sbarcato Andronikos. Lo scontro avvenne il 7 febbraio, e culminò in una vittoriosa operazione a tenaglia che intrappolò metà dei legionari ribelli. La XI, la XIX, la XXV, la XXVII e la XXXIII legione vennero quasi annientate, e per quasi tre anni cesseranno il servizio attivo. Pochi giorni dopo venne catturato lo stesso Andronikos, che venne immediatamente giustiziato il 12. Analoga sorte subì Alessandro Farnese il 14.
Konstantinos XVI celebrò un Trionfo il 21 dello stesso mese, e come premio insignì Napoleone di vari titoli nobiliari, tra i quali lo adottò come figlio. Poi lo inviò in Italia dove, approfittando della guerra civile, i francesi avevano invaso i themata nordoccidentali.
Il generale Kellermann aveva occupato quasi tutta la Provenza e una parte del Piemonte e della Lombardia, prendendo Milano il 12 gennaio del 1790. Il magister militum Napoleone arrivò nel teatro delle operazioni in marzo, con poteri quasi assoluti e a capo di un’armata di 18.000 uomini. Presto reclutò legioni di volontari fino a toccare i 40.000. Kellerman, che aveva ormai preso Genova e quasi tutta l’Emilia, ne contava 56.000. La prima battaglia si svolse presso Ferrara tra 16.000 romani e 22.000 francesi. Fu un successo totale, in quanto Napoleone uccise e catturò oltre la metà dei nemici, perdendo solo 2.000 sodati. Sceso a più miti consigli, Kellerman propose una tregua in cambio della cessione della Provenza alla Francia. Il comandante corso rispose con un netto rifiuto, mentre si preparava a compiere una manovra di accerchiamento strategico alle forze francesi in pianura padana.
Il generale avversario se ne accorse in ritardo, e la sua fuga precipitosa dalla trappola gli costò altre migliaia di uomini posti in retroguardia, che caddero in mani romane.
A maggio ci furono diversi abboccamenti tra il quartier generale di Napoleone a Ravenna e quello di Kellermann a Milano. Il 25 i romani ricevettero rinforzo e il magister militum marciò senza indugi verso Milano, facendo togliere le tende ad un umiliato Kellermann agli inizi di giugno.
Alle porte di Novara i francesi tentarono una patetica resistenza che venne travolta dai 50.000 romani che si ripresero tutto il Piemonte e la Savoia. I volontari e le reclute andarono ad aggiungersi ai ranghi imperiali, dove vennero create nuove legioni fedelissime al comandante in capo. Marsiglia e Tolone vennero prese alla fine del mese e un esercito di 100.000 francesi schierato da Kellerman in Borgogna venne annientato il 9 luglio presso Digione.
Napoleone non si fermò, e forte di 65.000 soldati marciò su Parigi, che capitolò il 28 luglio 1790. Il re di Francia Louis XVI fu inviato a Costantinopoli mentre sul trono venne insediato il figlioletto come fantoccio. Il magister militum fece firmare al suo gabinetto un accordo – poi non rispettato – di cedere tutta la Francia fino alla Loira all’Impero Romano, mentre il resto diventava de facto un protettorato imperiale.
Ma voci di congiure si fecero sentire presso il quartier generale romano a Parigi.
Il basileus Konstantinos XVI temeva il nuovo eroe, e aveva deciso di rimuoverlo dall’incarico. Il 30 agosto i sospetti furono confermati da una lettera che obbligava Napoleone al congedo immediato, firmata dalla mano stessa dell’augusto.
Il magister militum non si scompose, chiamò l’esercito in una grande adunanza, spiegò i fatti e strappò la lettera davanti a loro, pronunciando la frase di Caius Iulius Caesar quando passò il Rubicone: “Alea Iacta Est!”. Loro risposero con un tonante “Lunga vita al basileus dei romani!”. La nuova guerra civile era iniziata.
Napoleone schierava nelle sue fila i migliori veterani che si potessero trovare in tutto l’Impero Romano, temprati da due anni di guerre civili e dalla campagna contro i francesi. In tutto 80.000 uomini, con quindici legioni composte da 26.000 cavalieri e 54.000 fanti e più 180 pezzi d’artiglieria tra i più moderni, serviti da ottimi artiglieri.
Konstantinos XVI poté ammassare 120.000 soldati, ma molti erano reclutati da pochissimo e gli altri erano male comandati, in quanto i magistri militum nominati dall’imperatore tra la sua cerchia di fedeli non avevano grande talento militare e in generale si odiavano tra loro.
Le venti legioni schierate a Costantinopoli all’inizio della campagna contavano 40.000 cavalieri, 60.000 fanti e 250 cannoni, ma non tutti vennero spostati dalla capitale, dove il timoroso augusto temeva nuove sommosse o congiure.
Napoleone mosse da Parigi immediatamente, arrivando in Italia appena oltre la metà di settembre. Il 28 si fece incoronare a Roma dal patriarca in una fastosa cerimonia con il nome di Napoleone I. La flotta di stanza a Napoli entrò al suo servizio, portandogli in dote 70 galeoni. Il 30 riceve la sottomissione di Spagna e Africa, con altri 40 galeoni e 40.000 soldati che decise di lasciare a presidiare i confini. Le colonie dell’immenso impero rimasero neutrali, aspettando la conclusione del conflitto e congelando quasi 100.000 soldati e marinai sparsi in Asia, Colombia, Africa e Oceania.
Konstantinos affidò l’offensiva di restaurazione a Lorenzo Colonna ed Emanuele di Savoia, che con i loro eserciti avrebbero dovuto invadere la penisola dal Veneto e dalla Puglia. Napoleone decise di anticipare le mosse degli avversari e sbarcò in Epiro.
Lorenzo Colonna era in Istria e cercava di tornare affannosamente indietro, mentre Emanuele tentò di bloccare il basileus corso nella sua marcia verso la capitale. Era proprio quello che Napoleone voleva. Presso il lago di Prespa i legionari napoleonici travolsero le truppe di Emanuele il 16 ottobre. 10.000 morti e 8.000 passati nel campo del giovanissimo basileus. Con i resti malconci del suo esercito il magister militum di Konstantinos si chiuse dentro Tessalonica.
Il 23 Napoleone lo raggiunse, e, lasciato un contingente d’assedio di 25.000 uomini presso la città, si diresse con tutta calma verso Costantinopoli.
La sua provocazione verso il Colonna era evidente. Quest’ultimo, infatti, arrivò con i suoi 50.000 soldati a marce forzate presso Adrianopoli il 27 ottobre. Le sue truppe erano sfinite. La notte del 28 ottobre 10.000 tra drakonarioi, husarioi e cosacchi tormentarono senza sosta l’armata dell’ultimo magister militum rimasto a Konstantinos. L’indomani mattina le stanche e non riposate forze di Lorenzo Colonna si trovarono davanti 50.000 legionari motivati ed esaltati da un biennio di vittorie che inneggiavano un altro basileus.
Napoleone schierò i legionari ai suoi ordini in una lunga linea che attraversava la valle nei pressi della città che aveva visto così tanti scontri per il potere. Alternò fanti e cavalieri a destra, in modo che si appoggiassero a vicenda, la maggior parte dei fanti al centro e un misto di cavalieri e fanti anche sulla sinistra. Tenne le coorthes migliori di cavalleria in riserva. In quanto ai cannoni li assemblò in due grandi batterie, che coprivano la maggior parte del campo di battaglia, poi attese.
Lorenzo Colonna si schierò con un’oretta di ritardo, mettendo i fanti al centro e la cavalleria ai lati, con uno schieramento classico. In più disperse i cannoni tra le varie posizioni, diminuendone l’efficacia.
Alle 10 del mattino i cannoni napoleonici fecero sentire la loro voce, colpendo per una trentina di minuti la linea nemica. La risposta dei pezzi del Colonna fu perlopiù debole o inefficace. Alle 10 e 30 Napoleone ordinò di assaltare un piccolo villaggio presidiato da un reparto avanzato di fanti di marina, uno dei pochi contingenti d’élite della forze avversarie.
Il magister militum di Konstantinos sperava di focalizzare in quel punto la resistenza ma aveva calcolato male la disposizione delle sue forze e non sarebbe riuscito a rifornire adeguatamente quel contingente, che rimase pericolosamente esposto e isolato. Il basileus corso seppe approfittare subito della situazione e spazzò via quei reparti con un attacco congiunto di fanti e cavalieri sostenuto dai cannoni.
A questo punto Colonna entrò nel panico, lanciando nella mischia i suoi reparti nella zone in cui reputava fosse possibile arginare l’avanzata dei ribelli, cosa che permise a Napoleone di annientare con agio il meglio delle forze rimaste dalla parte dell’avversario. Era da poco passato mezzodì che giudicò giunto il momento dell’assalto generale, che gli consegnò le insegne di sei legioni, ventuno stendardi minori, 10.000 prigionieri e tutti i cannoni nemici.
A questo punto, senza alcun altro ostacolo a frapporsi tra lui e Costantinopoli, Napoleone marciò alla testa delle sue entusiaste truppe fin sotto la mura della capitale, che insorse contro Konstantinos, travolse le sue guardie, lo mise in ceppi e lo consegnò al giudizio del vincitore.
Il giovane generale di appena ventuno anni, giunto da uno dei punti più remoti dell’impero, era diventato uno degli uomini più potenti del mondo nel breve volgere di un anno appena. Ma le sue gesta erano appena giunte all’inizio e nessuno, fino ad oggi e probabilmente nel futuro, potrà dimenticarsi di lui.
Alberto Massaiu
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