La nostra storia è ambientata oltre cinque secoli fa in quello che è oggi il moderno centro di Ollolai, un paese di 1.200 abitanti sito a quasi mille metri di altezza, arroccato sulle montagne dell’omonima Barbagia che da questo prende il nome.
Popolato per certo fin dal Neolitico Medio, seimila anni or sono, divenne in epoca tardo nuragica il ricetto fortificato per il popolo degli iolaesi o iliesi, che dovettero abbandonare le pianure a sud e ad ovest sotto la pressione dei cartaginesi prima e dei romani poi.
La grande potenza capitolina non seppe però sottomettere del tutto quelle terre aspre e boscose tanto che, nelle tenebre del crollo dell’Impero dei Cesari e l’avvicendamento di Costantinopoli nel controllo dell’isola, Papa Gregorio Magno scrisse al potente capo Hospiton definendolo dux Barbaricinorum, con la speranza di far concludere le ostilità tra questi e il dux Zabarda, comandante supremo delle forze militari romano-orientali stanziate a Forum Traiani-Chrysopolis (l’odierna Fordongianus).
Secondo diversi studi, Hospiton avrebbe avuto il suo centro di comando nell’antica Ollalai, all’epoca conosciuta come Alalé, da cui controllava vari clan federati che resistevano all’autorità di Costantinopoli, oltre che continuare a professare quello che il Pontefice definiva come insensato e vuoto paganesimo.
“[…] Dum enim Barbaricini omnes ut insensata animalia vivant, Deum verum nesciant, ligna autem et lapides adorent; in eo ipso quod verum colis, quantum omnes antecedas, ostendis […] Mentre infatti tutti i Barbaricini vivono come animali insensati, non conoscono il vero Dio, adorano legni e pietre, tu, per il solo fatto che veneri il vero Dio, hai dimostrato quanto sei superiore a tutti […]”
– Dall’epistola di Papa Gregorio Magno a Hospiton –
Questo documento, datato all’Anno Domini 594, testimonia sia l’indipendenza delle genti sarde dell’interno sia il loro attaccamento alle tradizioni dei loro padri, risalenti fino all’epoca nuragica e forse anche più indietro, che sono state preservate in parte intatte fino ad oggi, mascherate solo da un lieve velo di cristianesimo come nei riti del Carnevale Barbaricino (vedi articolo qui).
Tornando a Alalé-Ollollai, l’importanza del luogo permase anche nel Medioevo Sardo, quando l’area entrò all’interno del Giudicato di Arborea. Non sappiamo come i barbaricini si siano uniti agli iudikes di Tharros (poi di Oristano), ma per certo il loro fu un accordo di mutua convenienza che permise ai primi di conservare buona parte delle loro tradizioni, mettendo a disposizione dei secondi dei duri guerrieri che prestarono servizio durante gli endemici conflitti contro gli arabi, le potenze esterne quali Pisa e Genova e perfino contro i “cugini” isolani di Torres, Calari e Gallura (ho scritto un articolo sulle origini dei Giudicati Sardi qui).
Fatta questa breve premessa di inquadramento, spostiamoci ora nel XV secolo. Gli ultimi cento anni avevano infatti visto la titanica lotta tra le genti di Arborea e la potente minaccia catalano-aragonese. Per settant’anni circa, dal 1353 al 1420, le due fazioni lottarono furiosamente in tutta la Sardegna per mare come per terra (vedi articolo sull’Arborea qui).
Gli uomini di Ollollai combatterono nelle “mute” – le leve militari giudicali – pagando il loro pedaggio alla causa di Oristano, probabilmente vedendo molti di loro cadere nella catastrofica battaglia di Sanluri del 1409, in cui le forze arborensi vennero massacrate in una grande battaglia di linea in cui si scontrarono oltre 30.000 tra fanti e cavalieri.
In seguito a questi fatti il giudicato si estinse formalmente nel 1420, ceduto alla Casa d’Aragona dal suo ultimo iudex, il forestiero Guillaume III di Narbona, che lo aveva ereditato in seguito alla crisi dinastica che aveva annichilito la nobile famiglia Bas-Serra, da cui provenivano il celebre Mariano IV e la figlia Eleonora d’Arborea.
Eppure il ricordo dell’antica libertà permaneva nei sardi, e si trasferì nelle figure dei marchesi di Oristano e del Goceano, i Cubello, parenti dell’estinta Casata Regnante dei Bas-Serra.
Gli anni che vanno dal 1420 al 1470 videro molti centri dell’isola dividersi in fazioni. C’era chi, infatti, preferiva accettare il dominio dei vincitori, e chi, invece, covava la speranza in un ritorno delle insegne dell’albero deradicato d’Arborea.
In tale contesto si colloca la disamistade dei Ladu e degli Arbau oggetto di questo articolo.
All’epoca Ollolai era molto più grande rispetto ad oggi, con buona probabilità il centro più importante di tutta la Barbagia e capoluogo dell’omonima curadoria medievale che controllava i villaggi e le terre delle moderne Gavoi, Lodine, Fonni, Ovodda, Olzai, Mamoiada, Teti, Austis, Tiana, Orgosolo e Oliena.
Il paese, che vantava secondo la tradizione circa 5.000 abitanti divisi nei sette vicinati di Ollolai, su Trihinzu, Moroniai, Donniheddu, Mirisone, Orrocohina e Su ‘e Pezzi, era controllato in parti uguali da queste due potenti famiglie. I Ladu erano vicini alla causa giudicale, portata avanti dall’ultimo discendente dei Cubello: Leonardo Alagón-Arborea; gli Arbau, al contrario, parteggiavano per il viceré di Sardegna, mortale nemico di Leonardo: Niccolò Carroz-Arborea.
La guerra tra l’Alagón e il Carroz si prolungò per circa otto anni con fasi alterne dal 1470 al 1478, anno in cui venne combattuta la Battaglia di Macomer, in cui le truppe viceregie sbaragliarono i partigiani del marchese di Oristano, chiudendo per sempre la possibilità di una restaurazione dell’antico Giudicato di Arborea.
Queste vicende di ampio respiro politico che abbracciava l’intera isola si andarono a ripercuotere sui singoli centri che si erano schierati dall’una o dell’altra parte.
Ad Ollolai l’astio politico e l’odio familiare si focalizzarono sul convento dei frati francescani che era stato fondato sotto l’alto patronato dei Cubello alcuni decenni prima. I religiosi, infatti, provenivano da Oristano e simpatizzavano per l’Alagón e, conseguentemente, i Ladu.
Estintosi nel 1478 il Marchesato di Oristano, pallido cugino dell’orgoglioso Giudicato d’Arborea, il rapporto di potere ad Ollolai si invertì in favore degli Arbau, che decisero di far pagare il prezzo delle antiche offese (vere o presunte) subite in quegli anni di conflitto.
Al centro dei sette “quartieri” di quella grande Ollolai stava infatti il convento legato a Santa Maria Maddalena, in cui i frati pregavano, insegnavano e lavoravano. Di recente vi era stato fatto entrare per studiare – forse nell’ottica di instradarlo alla carriera ecclesiastica – un giovane Ladu il cui nome si è perso nella tradizione orale. Fatto sta che questi era apprezzato da tutti per il buon carattere e l’intelletto, specialmente dai religiosi che curavano il suo sviluppo umano e intellettuale, foriero di un luminoso futuro.
Nella calda estate del 1490 le cose precipitarono. Il giovane Ladu venne prima fatto sparire e poi fatto trovare morto all’interno del pozzo del convento. Gli Arbau, quasi sicuramente esecutori del delitto, ebbero però buon gioco – complici i mutati rapporti di potere politico – a far passare per colpevoli i frati, che subirono le ire del popolino.
La situazione degenerò così tanto che i poveretti dovettero abbandonare il convento, spostandosi nelle foreste e nei campi limitrofi al paese, probabilmente protetti dai Ladu.
Nonostante l’allontanamento, sembrava non ci fosse modo di portare a ragione gli abitanti, e alla fine lo stesso padre superiore francescano dovette ordinare l’abbandono di Ollolai da parte dei frati e il loro reinsediamento presso la cattedrale di Santa Giusta, non lontana da Oristano.
A questo punto la storia si mischia con la leggenda. Secondo la tradizione orale i religiosi, indispettiti da tanta cieca ingratitudine, lasciarono il paese scagliando sui suoi abitanti una terribile maledizione. Di certo si portarono dietro un pregevole crocefisso ligneo che, ancora oggi, è esposto nella cattedrale di Santa Giusta. Altrettanto vero fu l’incendio che squassò il paese due giorni dopo la precipitosa fuga dei frati.
Il 5 Agosto dell’Anno Domini 1490, infatti, le fiamme avvolsero il convento e si estesero per tutti i sette vicinati della Ollolai del tempo, lasciando tutto in cenere tranne il nucleo originale del paese, su cui insiste il centro moderno che si può visitare ancora oggi.
“Ollolai Ollolai/ cando hat a benner sa die/chi torres comente a mai?”
– Salvatore Cambosu –
Degli antichi quartieri di su Trihinzu, Moroniai, Donniheddu, Mirisone, Orrocohina e Su ‘e Pezzi rimase solo la memoria, come anche dello “spiritu de la discordia” che spaccò le famiglie e seminò sangue e rancore per gli anni a venire, portando alla decadenza del grande centro, che divenne via via sempre più marginale a livello politico-economico, dimentico della sua antica e orgogliosa origine.
Alberto Massaiu
Leave a reply