Pochi lo sanno, ma l’ultimo paese dominato dai greci a perdere la propria indipendenza non si affacciava sul Mediterraneo, bensì sull’Oceano Indiano. Fino al 30 a.C., infatti, il primato spettava per certo all’Egitto, retto dalla dinastia macedone dei Ptolemaioi, fondata da uno degli amici più stretti di Alexandros il Grande, Ptolemaios, ed estintosi con il suicidio (o forse omicidio) di Kleopatra VII Philopator dopo la sconfitta e la morte del suo ultimo amore, Marcus Antonius, nelle acque di Azio.
Scomparso l’Egitto dalla faccia della terra, l’ultimo Stato greco ancora indipendente, seppur per poco, fu proprio il Regno Greco-Indiano, nato per secessione da un altro paese ai margini dell’allora mondo conosciuto, il Regno Greco-Battriano. Quest’ultimo, che dominava un ricco territorio che comprendeva già grosse porzioni degli attuali Afghanistan, Kazakhstan, Uzbekistan, Tagikistan e Iran, iniziò l’invasione del Punjab e del Pakistan nel 180 a.C.
La storia dei greci in questi luoghi remoti era già di lunga data all’epoca, infatti quando Alexandros stesso giunse nell’area dopo aver sbaragliato eserciti su eserciti degli šāhanšāh persiani, annichilendo la loro potenza, trovò dozzine di comunità di lingua e tradizione ellenica in loco. Questo era dovuto alla pratica dei sovrani di Persia – poi ripresa anche dai romani – di trasferire ai confini opposti del loro dominio i sopravvissuti delle ribellioni mosse contro la loro autorità.
Nello specifico i sovrani quali Dārayavahuš (Dario) e Xšayaṛša (Serse), in seguito alle rivolte in Cirenaica o Asia Minore durante le guerre che li avevano contrapposti a Sparta e Atene, avevano deportato, ormai da oltre un secolo prima della venuta di Alexandros, migliaia di greci fino all’Afghanistan.
Questi fondò poi numerose città, tra cui Alessandria Eschate, o Alessandria Ultima – oltre ad un’altra dozzina sempre con il suo nome, dimostrando poca fantasia e molto ego – che furono popolate da coloni militari tratti dalla Grecia continentale, dalla Macedonia e dall’Asia Minore, aumentando il peso di questa élite di governo nella regione.
Dopo la morte del grande condottiero scoppiarono una serie di guerre tra i suoi successori, i diadochoi, e l’area finì nella sfera d’influenza di Seleukos, che fondò l’impero che prese il suo nome, il più grande tra tutti gli Stati nati in seguito alla frammentazione delle conquiste del grande Alexandros. Ad ogni modo Seleukos e i suoi successori – molti dei quali si chiameranno Antiokos, il primo tra i quali fondò la celebre Antiochia – passarono la maggior parte del loro tempo a guerreggiare contro i discendenti di Ptolemaios in quell’area strategica tra Libano, Palestina, Siria e Giordania che ha mantenuto il suo immenso valore fino ad oggi, e questo diede modo ad ambiziosi satrapi ad est di proclamare la loro indipendenza, il più fortunato tra i quali fu proprio il Regno Greco-Bactriano.
Nato da una secessione, inutile dire che ne fu a sua volta vittima nel 180 a.C., quando un generale del basileus Demetrios I si proclamò sovrano in India con il nome di Apollodotos Soter, ovvero il Salvatore.
Questi dominò una vasta area che andava dal Punjab fino ai moderni Sindh e forse persino il Gujarat. Il suo prospero Stato perdurò per quasi due secoli, generando una fusione sincretica tra la tradizione induista, buddista e greca nella monetazione, nella scrittura ma anche nella religione. Si dice che alcuni di questi sovrani di sangue greco-macedone venerassero e proteggessero tanto i templi dedicati alle divinità olimpiche quando quelli locali. Si trovano ancora oggi diverse decorazioni in cui, ad esempio, Buddha viene raffigurato con caratteristiche di Apollon, signore del Sole, oppure protetto dal semidio Herakles con tanto di criniera del leone Nemeos e clava.
Lo storico Strabon, citando altri autori dell’epoca, afferma che all’apogeo del regno il suo più grande sovrano, Menandros, i greci fossero diventati signori dell’India intera (probabilmente di tutta quella settentrionale, sia occidentale che orientale, fino a Pataliputra, la moderna Patna) sottomettendo un territorio perfino più esteso delle conquiste del grande Alexandros. Gli storici latini, ancora nel II e III secolo d.C. definirono questi basilei come “Rex Indorum”.
Ad ogni modo le parti più esterne di queste conquiste non furono mai stabili e vennero quasi subito abbandonate, anche perché i signori indiani della regione contesero ogni città e fortezza con determinazione. Le fonti locali dell’epoca parlano delle invasioni degli yavana, probabilmente ad indicare un’origine dalla parola “ioni”, che per gli abitanti del subcontinente andava a definire tutti i greci ellenistici.
Il celebre Mahābhārata, testo epico-storico di guerra, afferma che il paese di Mathura, nel cuore dell’India, era sotto il controllo degli yavana, che lo governarono per quasi un secolo con continue battaglie e paci tra sovrani ellenistici e indiani.
Ad ogni modo le guerre civili e separatiste rimasero un flagello per i dinasti di lingua greca, con la Bactria e il Regno Greco-Indiano che iniziarono a combattersi tra loro. Qui salì alla ribalta il più grande basileus di questa Nazione, Menandros, che venne ricordato nella letteratura buddista con il nome di Milinda, che si dice si fosse convertito alla loro religione. Dopo di lui altri venti sovrani ressero il potere in quella regione così lontana dall’antica patria, mentre il loro vicino (e spesso nemico) Regno Greco-Bactriano crollava sotto la pressione di sciti, parti e yuezhi, forse antenati degli unni, tra il 130 e il 125 a.C.
Stretti tra questi ultimi ad ovest e gli indiani a sud e ad est, il Regno Greco-Indiano perdette via via territori, potere e prestigio. L’ultimo ridotto di questo Stato fu il Punjab orientale, retto da Straton II, che venne conquistato dal sovrano indo-scita Rajuvula intorno all’anno 10 a.C., vent’anni dopo la caduta dell’Egitto tolemaico.
Ad ogni modo la memoria di quel periodo turbolento ma dinamicissimo permase anche nei secoli successivi. In un documento di rotte commerciali marittime in estremo oriente, redatto in greco con il nome di “Periplous tes Erythras Thalasses”, ancora tra I e II secolo d.C. si scriveva: «Fino al giorno d’oggi antiche dracme sono moneta corrente in Barygaza, provenendo da questo paese, recando iscrizioni in lettere greche, e le insegne di coloro che regnarono dopo Alexandros, Apollodotos e Menandros».
Alberto Massaiu
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