Questo articolo sarà un po’ diverso rispetto ai soliti. Non si basa su ricerche metodiche o approfondite come faccio di solito. È più che altro una raccolta di pensieri, sensazioni e riflessioni nate da quello che sta avvenendo in questi ultimi tempi.
La tragedia parigina, perché tragedia lo è stata, con il suo classico corollario di vittime ignare e innocenti, ha scatenato una psicosi di massa sul web come nei governanti di mezza Europa. Il presidente Hollande ha proclamato in parlamento lo stato di guerra (come se non stessero già bombardando Libia e Siria, per non parlare delle operazioni in Mali), allo stesso tempo chiede più poteri direttivi per affrontare la crisi (ha numerosi e poco felici emuli, tipo Hitler dopo l’incendio del Reichstag).
Questo non vuol dire che Hollande sia come Hitler, ma evidenzia un fatto: tutte le volte che la paura e il terrore vengono scatenate sulla popolazione civile si ottiene un indebolimento della democrazia (guardate il film V per Vendetta, che ne illustra magistralmente il funzionamento).
Un evento isolato, per quanto drammatico, può essere somatizzato (vedete cosa è successo un anno fa, con Charlie Hebdo), ma ora sembra essersi scatenata una psicosi collettiva: Bruxelles chiusa per giorni e trasformata in città fantasma, presidiata da polizia e forze armate. Unità antiterrorismo francesi e aumento di effettivi in servizio attivo sguinzagliate in mezza Francia del nord. Scoperta di focolai e cellule islamiste ogni giorno che passa, con conseguente incremento di paura, ansia, spirito di rivalsa.
Tutto questo serve ad annebbiare le nostre menti, a farci abbandonare il nostro raziocinio, a permettere a governanti palesi od occulti (parlo di gruppi di potere o lobbies sovranazionali, come quelle delle armi e del petrolio) di procedere nei loro affari e nei loro giri di vite alle nostre libertà individuali e ai nostri beni collettivi (come la tutela dell’ambiente in cui viviamo).
È lo stesso schema avvenuto nel 2001 con il surreale evento che ha causato la caduta delle Torri Gemelle (su cui ognuno di noi ha la sua personale opinione), che ha permesso di restringere i diritti costituzionali statunitensi con il Patriot Act (grande operazione di marketing, appellarsi al patriottismo per ottenere consenso popolare ad una palese violazione delle libertà a cui gli americani sono molto attaccati) e di conseguenza anche quella degli altri Stati mondiali (norme più stringenti quando si viaggia, ma andate a vedervi il criminale sistema delle Smart Sanctions, che possono essere comminate dagli Stati senza processo e dietro le sole informazioni confidenziali fornite dai servizi segreti).
Anche tra 2001 e il 2005 (aggiungendo i corollari degli attentati di Londra e Madrid) si è creato un clima di terrore (stimolato dai governi e da media compiacenti) che ha permesso a Bush e alle sue coalizioni dei volenterosi di scatenare e mantenere ben due guerre in Afghanistan (come mai? Al Quaida è stata fondata da un principe saudita e i suoi affiliati mica erano in maggioranza afghani) e Iraq (qui non c’era proprio alcun casus belli, visto che la questione delle armi batteriologiche era una colossale truffa. Guardatevi il film Green Zone con Matt Demon, che illustra cinematograficamente la vicenda).
Ma voi chiederete “Perché tutto questo?”. La ragione è la più semplice del mondo: business, business e ancora business. Se un tempo, in maniera generica e naive, pensavo fosse solo per il petrolio, il gas e il controllo delle famose vie di approvvigionamento energetico, ora credo che la ragione più importante risieda nel fiorente mercato d’armi.
“Mio signore, sono tre le cose che servono per portare avanti una guerra con successo: denaro, denaro e ancora denaro”
Gian Giacomo Trivulzio, condottiero italiano del XV secolo
Ricordo le parole del super-cattivo nel film “La leggenda degli uomini straordinari” che recitava “Immaginate quanta ricchezza verrà generata da una guerra mondiale…”: ecco, voi provate a pensare quanto si sia allargato il giro d’affari delle aziende statunitensi, inglesi, francesi, tedesche, italiane (siamo noi paesi occidentali che produciamo la maggior parte delle armi che poi i terroristi o gli Stati canaglia utilizzano), cinesi e russe grazie a delle guerre rimaste aperte per quattordici anni (in Afghanistan, dove nel 2010 stavano oltre 400.000 soldati in armi, di cui decine di migliaia americane) o appena meno (otto anni, tra i 150.000 e i 200.000 soldati USA, più centinaia di migliaia tra mercenari, nuovo esercito, polizia irachena e peshmerga curdi).
Queste cifre devono farci riflettere. Pensate quanti fucili d’assalto, quante armi pesanti, quanti mezzi corazzati, quanti elicotteri e aerei da combattimento, quanti missili e bombe, quanti proiettili, quanta strumentazione militare di supporto sono state prodotte e commercializzate per far andare avanti il meccanismo della guerra moderna. Si chiama domanda e offerta, uno dei principi base dell’economia di mercato, che in questo caso ha partorito il suo figlio peggiore (se volete un bel film che ve lo racconta, guardate Lord of War, la storia di un mercante d’armi mondiale e senza scrupoli interpretata da Nicholas Cage).
Ma le popolazioni occidentali sarebbero d’accordo a questo stillicidio economico, soprattutto in un momento di crisi finanziaria e lavorativa che affligge migliaia di famiglie? Certo che no! Allora bisogna creare consenso o perlomeno tacito assenso e la via migliore è quella di stimolare la nostra paura. La paura uccide il raziocinio e il pensiero critico, abbassa le nostre difese mentali, ci fa accettare compromessi che non avremmo mai assecondato altrimenti.
Questa è la ragione perché, a mio parere, le nostre classi dirigenti hanno bisogno di tragedie come quella di New York, Londra, Madrid o Parigi, dove spesso (questa è mia opinione personale, non ho prove in merito) hanno in mano gli strumenti e le informazioni per evitarle ma accettano di avere vittime civili per strumentalizzare il fatto e avere una ragione per mantenere lo stato di cose.
E quindi? Cosa possiamo fare noi, contro una tale potenza? L’unica cosa che ogni uomo può fare sempre: informarci, studiare, non limitarci alla prima spiegazione che ci viene data dai media (smettiamo di guardare i TG, non troverete verità sulla televisione) e pensate sempre a mente fredda, non subendo “di pancia” i drammi che accadono intorno a noi, per quanto terribili.
Le vere ragioni che hanno portato alla morte tanti innocenti sono molto lontane dal fondamentalismo (che viene sapientemente strumentalizzato, un po’ come le Brigate Rosse negli anni ’70), ma le troviamo nel calcolo economico di uomini molto più freddi e cinici, che non credono in alcun dio o ideologia, ma operano per proprio egoistico interesse, alla ricerca di un potere e un controllo assoluto delle nostre menti.
L’unica strada che abbiamo per liberarci da questo giogo invisibile è la cultura, il coltivare l’arte del dubbio (come diceva Socrate) e il pensare con la nostra testa. Ricordatelo sempre.
Alberto Massaiu
7 Comments
È’ vero! È’ proprio come Tu scrivi nel Tuo bel articolo.Saluti.
Grazie mille Giorgio 🙂
Sull’argomento segnalo uno sceneggiato a puntate (5 oppure 6, mi pare) intitolato “The honourable woman” che ho visto mesi fa in TV in Inghilterra, dove vivo attualmente. Illustra con grande chiarezza gli intrighi, le mentalita’ e soprattutto il giro di affari non solo di armi che fa durare la guerra tra israeliani e palestinesi dal 1948. Non so se e’ arrivato in Italia, me lo auguro.
Grazie mille Silvana. Sono anche molto interessanti il ciclo di documentari di Oliver Stone “USA, la storia mai raccontata”. Se ti piace l’argomento te li suggerisco, soprattutto l’episodio sugli anni ’50 della presidenza Eisenhower.
È stato trasmesso in italiano l’anno scorso su Sky Atlantic!
Cara Silvana Iorio, credo che quello di Alberto Massaiu sia un buon articolo. Ma fra tutte le guerre lasciamo quella tra palestinesi e israeliani, forse l’unica dettata da un odio centenario. Sono d’accordo che qui l’industria delle armi “approfitti” di questo odio, ma che non causi questa guerra. Saluti. Manu
Cara Manuela la questione israelo palestinese è talmente complessa e sfaccettata da meritare non un articolo, ma interi libri. Da decenni storici, giornalisti, opinionisti, consulenti strategici e di geopolitica si sono arrovellati il cervello nel tentativo di individuarne le cause. Io, per personale opinione, reputo che le ragioni del 1948 (che lo hanno fatto scoppiare) siano ben diverse da quelle attuali che lo mantengono vivo e incancrenito.
Di certo la religione e i trascorsi storici hanno avuto il loro peso iniziale, unito al senso di colpa europeo e mondiale per quello che era successo durante il conflitto appena concluso. Ora, dopo 60 anni, direi che i fattori saranno diversi, e comprendono per certo anche gli interessi del mercato delle armi oltre che degli equilibri geopolitici di un’area esplosiva come il Medio Oriente.