Si dice che con la Seconda Guerra Mondiale l’uomo abbia imparato la lezione. Nel 1948, con la nascita delle Nazioni Unite e la solenne proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (ultimo passo iniziato oltre un secolo e mezzo prima con la Rivoluzione Francese, o ancora più indietro se contiamo le prime riflessioni sul diritto naturale dei filosofi del XVII secolo), iniziò a formarsi quell’idea che i paesi civili avrebbero smesso di fare guerre come nel passato e che un’era di pace e progresso fosse alle porte.
Questa visione è stata rafforzata, soprattutto nel teatro europeo, dalla sempre più stretta unione e collaborazione tra i paesi del vecchio continente, culminata con la Comunità (poi Unione) Europea. Io ho studiato diritto e mi sono specializzato in diritto internazionale, dove mi hanno martellato la testa su quanto trattati internazionali, ONG e organi di controllo sovranazionali hanno permesso all’uomo di fare un balzo evolutivo e civile fondamentale, evitando i conflitti endemici (o peggio globali) del passato. Insomma il diritto naturale, basato sui principi universali e connaturati nell’animo umano, è stata l’ancora di salvezza degli ultimi 70 anni circa.
Purtroppo, per quanto l’idea sia affascinante e, in una certa prospettiva, augurabile, in verità è frutto di una prospettiva ingenua e pericolosamente utopistica. Andiamo a vedere assieme il perché.
Mentre l’assemblea degli Stati mondiali (quelli vincitori della Seconda Guerra Mondiale, s’intende, gli altri erano considerati ex-nemici, con uno status giuridico inferiore) si riuniva nel 1948, palestinesi e israeliani iniziavano il loro conflitto etnico-religioso per il controllo della Terra Santa (ancora non concluso), gli inglesi e gli americani combattevano in Grecia con i monarchici contro i partigiani comunisti e si era vicini allo scoppio del conflitto in Corea, che durerà fino al 1953.
Una nuova guerra, quella fredda, era alle porte. Ma a scongiurare una deflagrazione non fu né il diritto internazionale, né l’ONU, bensì il deterrente nucleare. Gli americani, eroici vincitori del conflitto (perciò “liberatori” e “buoni” a priori, nonostante avessero fatto stragi di civili indiscriminate esattamente come tedeschi e giapponesi), avevano concluso la guerra con due ordigni atomici, sganciati sulle città di Hiroshima e Nagasaki e causando in un sol colpo la morte di circa 300.000 persone. A questa cifra vanno aggiunte le circa 600.000 vittime civili dei bombardamenti incendiari indiscriminati in Germania e più di un milione in Giappone.
Il generale dell’aviazione statunitense LeMay, grande fautore del bombardamento strategico come arma psicologica ed economica (assieme alle città andavano giù ferrovie, fabbriche, ponti e ogni altro genere di infrastruttura moderna), alla fine del conflitto disse “Suppongo che se avessimo perso la guerra, sarei stato processato come un criminale di guerra”. Alcuni analisti dell’epoca dissero che se Germania e Giappone avessero resistito ancora qualche mese sarebbero state ridotte all’età della pietra con quel rateo di distruzione sistematica.
Tornando all’atomica e al concetto di guerra totale (introdotto sempre dagli americani, che combattevano per l’annientamento totale del nemico, demonizzandolo e mettendo il conflitto sempre sulla linea di bene contro il male, atteggiamento che mantengono ancora ora), fu la certezza della reciproca estinzione a tener buone le grandi potenze dagli anni ’50 in poi.
Non tutti lo sanno ma sul nostro pianeta, tra deserti, steppe ghiacciate, attolli oceanici, mare e cieli sono state fatte detonare ben 2.051 testate nucleari e sono ben nove i paesi che posseggono ordigni di questo tipo (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele). Il peggio accadde nel 1986, poco prima della caduta del famoso muro che dovrebbe aver aperto una fantomatica era di pace, con 69.000 testate nucleari (ad oggi questo numero è stato per fortuna ridotto della metà), contenenti un potenziale esplosivo di 18 miliardi di tonnellate di tritolo, pari a 3,6 tonnellate per ogni essere umano. In confronto, i 6 milioni di tonnellate di esplosivo impiegate nella seconda guerra mondiale impallidiscono.
Il mercato delle armi convenzionali (non nucleari) è cresciuto di pari passo, cioè esponenzialmente. Unito alla disintegrazione degli imperi coloniali, che garantivano una certa stabilità nelle regioni sotto il loro controllo (non per spirito umanitario, s’intende, ma comunque il risultato era che le tribù o le fazioni religiose non si ammazzavano tra loro), questa proliferazione di mezzi bellici ha acuito i conflitti locali, che sono scoppiati in grande abbondanza per tutto il secolo.
Nei primi anni cinquanta la Corea ha perso il 10% della sua popolazione e negli anni sessanta e settanta il Vietnam ha visto morire il 13% dei suoi cittadini. Ma il danno maggiore l’hanno portato i conflitti interni, sponsorizzati, sostenuti o finanziati dalle superpotenze che hanno giocato sul mondo come una gigantesca scacchiera, stando bene attente a non farsi coinvolgere direttamente. Ecco tutti i conflitti “evitati” dal diritto internazionale e dall’ONU fino all’alba del nuovo millennio:
1945-54 Guerra di liberazione in Vietnam e in Laos contro la Francia
1946-49 Guerra civile in Grecia
1946-49 Guerra civile in Cina
1947-49 Guerra di indipendenza in Indonesia contro gli olandesi
1947-48 Guerra civile fra indù e musulmani in India e nascita del Pakistan
1948 Prima guerra arabo-israeliana
1950-51 Guerra di Corea
1952-63 Guerra di indipendenza del Kenya contro la Gran Bretagna
1954-62 Guerra di indipendenza in Algeria contro la Francia
1954 Intervento USA in Guatemala
1956 Guerra del Canale di Suez
1956 Invasione sovietica dell’Ungheria e della Polonia
1957-60 Guerra fra Honduras e Nicaragua.
1959-75 Guerra del Vietnam
1960 Guerra fra Paraguay e Argentina
1961-75. Guerra nel Laos (appendice di quella vietnamita)
1962 Guerra fra India e Cina
1963-1991 Guerra di liberazione dell’Eritrea contro l’Etiopia
1962-63 Guerra fra Haiti e la Repubblica Dominicana
1963-74 Guerra di indipendenza della Guinea dal Portogallo
1963-67 Guerra di indipendenza dello Yemen del Sud dalla Gran Bretagna
1964 Intervento USA a Santo Domingo
1962-74 Guerra di liberazione del Mozambico e dell’Angola contro il Portogallo
1965 Guerra fra India e Pakistan
1965-93 Guerra civile nel Ciad
1966-90 Guerra di indipendenza della Namibia contro il Sud Africa
1967 Guerra dei sei giorni tra Israele e paesi arabi
1968 Invasione sovietica della Cecoslovacchia
1969 Scontri fra Cina e URSS sul fiume Ussuri
1969 Guerra fra Honduras e Salvador
1969 Guerra fra Uruguay e Argentina
1970-75 Guerra in Cambogia (appendice di quella vietnamita)
1971 Guerra fra India e Pakistan
1973 Guerra del Kippur
1973 Inizia la guerra di liberazione nel Sahara Occidentale contro il Marocco
1974 Scontro fra le truppe del Pakistan e dell’Afghanistan
1974 Guerra greco-turca per l’isola di Cipro
1975-91 Guerra civile in Angola
1976-89 Guerra civile in Libano
1977 Intervento della Rodesia contro il Mozambico
1977-78 Guerra fra Etiopia e Somalia per l’Ogaden
1978 Intervento del Vietnam in Cambogia
1979 Intervento dell’Uganda in Tanzania
1979-92 Guerra contro l’occupazione sovietica dell’Afghanistan
1979 Scontri di frontiera fra truppe cinesi e vietnamite
1979 Invasione sudafricana dell’Angola
1980-88 Guerra fra Iran e Iraq
1981 Invasione sudafricana del Mozambico
1982 Guerra della Falkland
1982 Invasione israeliana del Libano
1982 Invasione delle truppe USA a Grenada
1991 Prima Guerra del Golfo
1992 Inizia la guerra nella ex-Jugoslavia fra Serbia, Croazia e Bosnia-Erzegovina.
1992 Inizia la guerra civile in Algeria
1994 Guerra civile in Ruanda
1994-96 Guerra in Cecenia per l’indipendenza dalla Russia
1996 Guerra civile in Afghanistan
1999 Guerra del Kosovo
1999-2000 Invasione russa della Cecenia
A questi posso aggiungere l’invasione statunitense dell’Afghanistan, la Seconda Guerra del Golfo, la disintegrazione del delicato sistema di dittatori africani e mediorientali portato dalla cosiddetta ”Primavera Araba”, un’abile mossa di propaganda con cui i governi occidentali hanno fatto cadere i regimi non ritenuti più utili, che hanno però aperto il vaso di pandora delle guerre civili, con conseguenti flussi migratori incontrollati, instabilità e diffusione del terrorismo su scala mai vista prima.
L’aspetto terribilmente ironico di quest’ultimo punto, che sta gettando un seme di sospetto, paura e ansia nei paesi occidentali, i cui cittadini temono da un momento all’altro di essere vittime di un pazzo fanatico mentre sono al ristorante, allo stadio, al centro commerciale, ad una manifestazione, in un treno o in un aeroporto, e che le armi per uccidere ai terroristi le creiamo (e vendiamo) noi. Non ci sono fabbriche di armi in Siria, Iraq, Libia, Libano o in qualsivoglia paese musulmano. Le grandi industrie sono americane, russe, tedesche, francesi, britanniche, israeliane, italiane, stranamente coincidenti con i paesi che si sentono sotto attacco da parte di questi nuovi nemici inafferrabili e senza coscienza.
Insomma, ipocritamente da un lato i nostri delegati blaterano di pace, trattati, integrazione culturale e aiuti nei loro lussuosi palazzi di vetro, nella aule di solenni sale di rappresentanza o in ricevimenti e cene di gala super lussuose, dall’altra vendono sottobanco e con enormi profitti i mezzi per far durare questo stato di cose, dicendo ai loro cittadini che gli altri sono malvagi e che vi è bisogno di restringere sempre più i diritti civili e democratici per rispondere a questo attacco all’Occidente, faro di civiltà, modernità e benessere… O forse solo di ipocrisia?
Alberto Massaiu
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