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Il divorzio scozzese. Questione locale o problema globale?
18 Settembre 2014

In questi ultimi giorni sono stato molto colpito da tutto il trambusto sollevato dal referendum per l’indipendenza scozzese. Chi mi conosce sa che mi sono sempre schierato con i grandi Stati Nazionali e non ho mai appoggiato i movimenti secessionisti e indipendentisti, compresi quelli della mia terra natale.

Nonostante questo sono rimasto basito di fronte all’allargamento del tema di discussione, che è passato dall’essere la scelta di un popolo riguardo la propria indipendenza all’essere considerato come l’ago della bilancia del destino d’Europa (intesa come Unione Europea, sic!).

La goccia che ha fatto traboccare il mio vaso personale è stato un articolo che mi è capitato sotto gli occhi giusto stamane (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/18/referendum-scozia-non-e-vera-democrazia/1124865/), il quale traeva delle conclusioni alquanto discutibili in relazione all’esito di un’azione che, condivisibile o meno a livello soggettivo, è oggettivamente LA SCELTA democratica per eccellenza.

Da quel momento ho deciso di approfondire meglio la questione e ho notato che il fronte degli Unionisti vede schierato in pompa magna tutto l’Olimpo dei poteri forti della politica comunitaria e internazionale (dalle istituzioni UE e ai governi a loro  allineati, la NATO, fino ad arrivare ai tweet di Barack Obama), delle grandi banche e istituti finanziari mondiali.

Tutti loro mossi dal sacro bisogno di ricordarci quanto è importante che lo status quo dell’Europa e del mondo non venga spezzato dalle istanze dei popoli. Ci sta un po’ di tutto: la stabilità delle banche, il debito, Schengen, il ruolo dell’euro e della sterlina. Ci sta tutto tranne una cosa: le persone.

Tutto questo, a mio parere, rientra nel filone catastrofista che da anni (almeno dalla crisi del 2008, ma si potrebbe tornare indietro fino al 2001 con il terrorismo post Twin Towers) serve a chiedere ai popoli di cedere sempre più sovranità, indipendenza e in ultimo libertà in nome di entità non democratiche come l’UE o l’ONU (dove sono i governi, non i cittadini a scegliere chi mandare e chi no) che ci devono proteggere dal male.

Se si riflette a mente serena e ci si scrolla di dosso tutta la propaganda e la disinformazione si inizierà ad intravedere, il lontananza e ancora parecchio sfuocata, una scena molto meno nitida e fulgida di quanto sta avvenendo in questi anni. Si parla di crisi, di spread, di austerity, di terrorismo e di sacrifici necessari. Ma in nome di che cosa?

Io affermo che tutti noi dobbiamo fare sacrifici quando ci stanno momenti di difficoltà. Bisogna impegnarsi e lavorare sodo, mettersi in gioco e rimboccarsi le maniche. Ma tutto questo deve avere un fine, e questo fine, in ogni paese, dovrebbe essere quello di far vivere meglio le persone.

Non mi importa nulla di ripagare il debito ai grandi colossi bancari e finanziari mondiali se per farlo un popolo deve morire di fame come in Grecia o in tanti altri paesi meno vicini. In caso contrario perderemo completamente il senso delle cose. Cosa è più importante, il fallimento di una banca oppure la vita delle persone?

Alcuni diranno che le cose sono collegate, io affermo che non è vero. Sono assolutamente certo che qualsiasi grande riforma o iniziativa politica dovrebbe avere al suo centro la gente, non i miseri e avidi interessi delle piccole élite che governano i fili di questo assurdo e caotico teatro che è il mondo globalizzato.

Ora, partendo da quest’ottica, si può guardare a quello che sta avvenendo in Scozia, come in altri paesi europei dove ci sono forti critiche verso un certo tipo di Europa (quella delle istituzioni fredde, estranee alle persone e distanti anni luce dal benessere dei popoli del continente) e, aggiungerei, anche un certo tipo di ordine mondiale, con occhi ben diversi.

Come se ci fossimo tolti le lenti azzurre di Kant o avessimo squarciato il velo di Maya di cui parla Schopenhauer, potremo iniziare a pensare che se un popolo (qualunque esso sia) decide, liberamente, di scegliere una strada diversa da quella che una piccola cerchia di oligarchi ha stabilito come giusta, non per forza deve essere additato come l’uomo nero delle favole.

Per concludere, è nella natura del mondo e dell’uomo il continuo divenire, il mutare l’ordine e il cambiare gli equilibri. In caso contrario, non solo la vita non sarebbe degna di essere vissuta, ma soprattutto non potrebbe essere considerata vita. Solo le cose inanimate non mutano mai.

Perciò auspico, al di là di come alla fine si scioglierà il nodo (o il divorzio) scozzese, che quanto sta avvenendo nel mondo “libero” occidentale venga infine svelato per quello che è: ovvero una strategia basata sulla paura per mantenere intatti degli equilibri che garantiscono potere e benessere in veramente pochi a scapito della libertà e della felicità di molti.

Alberto Massaiu

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Generale

Alberto Massaiu

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Referendum in Grecia, andando più a fondo del semplice “si” o “no” | La Fiamma della Conoscenza
3 July 2015 at 12:06
Reply

[…] saprà che il primo articolo di questo blog è nato proprio a causa di un referendum (quello scozzese) e anche questa volta mi rifarò ad un referendum (quello greco) per trattare sempre di politica […]



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