La Guerra della Triplice Alleanza, o Guerra del Paraguay, è stata considerata insieme alla Guerra di Crimea come il più duro conflitto a cavallo tra la fine delle Guerre Napoleoniche e l’inizio della Grande Guerra, nel 1914.
I suoi protagonisti ne uscirono tutti profondamente indeboliti. Le perdite umane tra soldati e civili furono terribili, l’economia d’intere aree venne messa a durissima prova e una Nazione nello specifico, il Paraguay, fu praticamente annientata per sempre.
Fu la guerra più sanguinosa dell’America Latina moderna, che perdurò dal 1864 al 1870 tra Paraguay, Brasile, Argentina e Uruguay. Queste ultime tre si coalizzarono contro il primo paese nel 1865, e da quel momento iniziò una lenta campagna volta ad ottenere la resa incondizionata del governo di Asunción e del suo presidente-dittatore, Francisco Solano López.
Tutto iniziò con un Colpo di Stato, pratica comune nella parte meridionale del continente americano fin dai primi anni d’indipendenza dei paesi liberatisi dai governi coloniali di Spagna e Portogallo in seguito alle Guerre Napoleoniche.
I due partiti politici principali dell’Uruguay, il Partido Colorado e quello Blanco, erano in perenne conflitto tra loro. Il presidente dell’epoca, Bernardo Prudencio Berro, facente parte della seconda fazione, subì nel 1864 un golpe da parte di Venancio Flores, leader dei primi. Questi aveva amicizie sia tra i brasiliani che tra gli argentini, che lo sostennero finanziariamente e poi militarmente. Nello specifico l’Impero del Brasile, sotto la guida di Pedro II, ambiva a diventare la superpotenza egemone del continente e puntava a trasformare l’Uruguay in uno Stato satellite, se non proprio in una mera provincia.
Questa congiuntura internazionale preoccupava fortemente Francisco Solano López, presidente a vita – di fatto un dittatore brutale – del Paraguay. Questi, succeduto al padre nel 1862, poteva vantare un paese piccolo rispetto ai vicini ma relativamente avanzato. Il Paraguay, infatti, esportava con profitto tabacco ed erba mate in Argentina e Uruguay, oltre che cotone e legno pregiato in Europa. Il governo aveva finanziato la creazione di una ferrovia e di un cantiere navale nel quale erano state costruite le prime navi a vapore del Paese. Ancora, il Paraguay possedeva una delle prime fonderie sudamericane e una rete telegrafica di recente inaugurazione. Perfino il sistema educativo nazionale, gratuito per tutti, era avanti con i tempi, venendo perfino lodato da osservatori britannici che lamentavano di non avere nulla di simile a casa loro.
Ma il vero punto di forza di questa piccola ma industriosa Nazione era l’esercito. All’alba del conflitto, questo poteva contare su 28.000 veterani, una piccola flotta e 400 pezzi d’artiglieria. In quel primo anno vennero arruolati e addestrati altre decine di migliaia di uomini, fino ad un massimo di 80.000, raggiunto nel 1865.
Questo dinamismo, unito alle dispute territoriali che risalivano fino ai secoli del governo di Madrid e Lisbona della regione, e infine la volontà di potenza incrociata di Brasile, Paraguay e Argentina, furono le micce del conflitto generale.
Il conflitto può essere a mio parere diviso in tre fasi:
1) La campagna per la supremazia politica sull’Uruguay (1864-1865)
2) La campagna di difesa organizzata del Paraguay contro i coalizzati (1865-1868)
3) La guerriglia finale con conseguente distruzione del paese (1868-1870)
Quando nel 1863 era iniziata la guerra civile tra le due fazioni uruguayane, Pedro II e il suo governo decisero di sostenere la fazione golpista di Venancio Flores, portando ad un’escalation di recriminazioni e condanne reciproche che culminarono in un ultimatum da parte del Brasile al legittimo governo di Montevideo, inviato il 4 agosto del 1864 e respinto prontamente.
Da quel momento la situazione precipitò. In ottobre 12.000 soldati brasiliani passarono la frontiera e invasero il piccolo paese che dava sullo strategico Golfo del Rio della Plata.
Appena la notizia giunse nella capitale del Paraguay, López ordinò di attaccare e sequestrare le navi brasiliane da parte della sua piccola marina. Subito dopo dichiarò guerra e invase la provincia contesa del Mato Grosso, occupandola con relativa facilità. La campagna durò un anno e risultò in un primo momento circoscritta ad un confronto tra Paraguay e Brasile (quest’ultimo, benché immensamente più grande e popoloso, era infatti poco preparato alla guerra, con appena 18.000 soldati regolari all’inizio del conflitto).
Pedro II e il suo governo sapevano che potevano barattare tranquillamente lo spazio con il tempo, un po’ come fecero i sovietici con le armate naziste nel 1941-1943, e si concentrarono sul far cambiare il regime in Uruguay.
López, infatti, si accorse che per quanto l’occupazione del Mato Grosso era stata coronata dal successo, non aveva modo di supportare il legittimo governo uruguayano in quanto bloccato a sud dalla strategica regione argentina del Corrientes. Il Paraguay chiese senza successo al presidente argentino, Bartolomé Mitre, il diritto di transito militare nella regione. La ragione di tale rifiuto risiedeva nel fatto che anche gli argentini desideravano un cambio di regime in Uruguay, contando poi di sostituire la loro influenza sul paese a quella brasiliana in un secondo momento.
Il presidente paraguayano, allora, fece la stessa folle mossa che compirà Adolf Hitler nel 1941, ovvero aprire una guerra su due fronti, sovrastimando le capacità del proprio esercito. Fu una scelta fatale, che pagò infine con la distruzione del suo paese e, infine, perfino con la sua stessa vita.
Oltretutto, l’azione di López risultò inutile nell’ottica di salvare l’unico alleato che gli rimaneva, ovvero il legittimo governo blanco di Bernardo Perro. I brasiliani, infatti, mentre facevano perdere tempo ai paraguayani in Mato Grosso, occuparono Montevideo insieme alle forze ribelli dei colorado.
L’ultima operazione offensiva del Paraguay fu la presa della regione del Corrientes, strappata agli argentini nella primavera del 1865. L’unica speranza di López poteva essere quella di sfruttare la posizione centrale del suo paese e l’abilità e il numero iniziale del suo esercito per battere in maniera decisiva i suoi avversari prima che facessero valere in pieno il potenziale delle loro risorse combinate.
Non fu così. Mitre si dimostrò un abilissimo politico e nascose la dichiarazione formale di guerra ricevuta dal Paraguay fino al momento in cui quest’ultimo non mosse militarmente verso il Corrientes. In tal modo poté presentarsi davanti parlamento e all’opinione pubblica argentina come vittima di un vile tradimento in tempo di pace, unendo il paese nello sforzo comune della difesa contro gli invasori.
Il suo discorso al momento della chiamata alle armi si chiuse con un proclama fin troppo ottimistico: “In 24 ore alle caserme, in 15 giorni a Corrientes e in tre mesi ad Asunción”. Ad ogni modo fu lui il grande architetto della Triplice Alleanza, che unì il 1° Maggio del 1865 Argentina, Impero del Brasile e Uruguay. L’accordo prevedeva uno sforzo totale fino alla resa incondizionata del Paraguay e la cacciata di López. Un corollario di rilievo stabiliva che tutti i territori paraguayani contesi nei decenni precedenti sarebbero stati assegnati alle nazioni alleate, Uruguay escluso.
A quel punto iniziò la mobilitazione vera e propria, che pian piano portò la bilancia a spostarsi sempre più verso gli alleati. Se, infatti, in tempo di pace l’Argentina aveva circa 6.500 soldati regolari, il Brasile 18.000 e l’Uruguay appena 3.000, ben presto questi numeri lievitarono fino ad una forza complessiva congiunta di 160-170.000 uomini.
La strategia paraguayana si concentrava nella difesa del confine meridionale, munito di una serie di solidi e ben difesi forti che sbarravano il passo sui fiumi Paraná e Paraguay. L’idea era quella di fiaccare le forze d’invasione in sterili assedi per poi far scattare delle controffensive da parte delle qualitativamente superiori truppe paraguayane.
Il piano sembrava andare per il meglio, in quanto un forte esercito alleato si ritrovò bloccato nella malsana area di Tuyutí, dove si sarebbe lentamente squagliato per le malattie e le difficoltà di approvvigionamento. López, però, voleva cogliere una vittoria decisiva e perciò marciò con il fior fiore del suo esercito – 28.000 uomini circa – contro 35.000 avversari agli ordini di Mitre.
La battaglia che ne seguì, però, si risolse in una catastrofe per i paraguayani. Gli alleati, trincerati in una solida e ben difesa posizione e protetti da un terreno paludoso che rendeva molto difficile un tentativo di sfondamento frontale, respinsero ogni assalto. Le truppe di López persero il 50% degli effettivi tra morti e feriti, trasformando Tuyutí in una Gettysburg sudamericana. Un po’ come accadde per i 15.000 soldati scelti delle tre brigate virginiane di Pickett che tentarono di prendere la Cemetery Ridge, i paraguayani persero il meglio delle loro forze in una serie di sterili assalti che decimarono i loro reggimenti. Per dimensioni e conto dei caduti questa battaglia viene considerata la più grande e sanguinosa della storia moderna del Sud America. Da quel momento il presidente-dittatore paraguayano dovette affidarsi sempre più a giovani sotto i 17 anni e uomini sopra i 50 per rimpolpare le sue fila, ottenendo come conseguenza il disastro demografico in cui sprofonderà l’intero Paraguay durante e in seguito al conflitto.
A metà di settembre López tentò di trovare un abboccamento con l’Argentina per concludere una pace onorevole, ma il Brasile si oppose fortemente, facendo valere la clausola dell’alleanza per cui non si dovevano far tacere le armi fino alla resa incondizionata dell’avversario, considerato ormai all’angolo.
Eppure, nonostante tutto fosse loro contro, i paraguayani continuarono per i successivi quattro anni a difendere con le unghie e con i denti, letteralmente fino all’ultimo uomo, ogni centimetro di territorio. A Curupayty, il 22 Settembre del 1866, gli alleati furono duramente sconfitti dalla fiera resistenza delle nuove leve di López, che inflissero loro 5.000 perdite tra morti e feriti al prezzo di meno di 100 caduti, fiaccando lo spirito combattivo degli alleati per molti mesi.
A peggiorare le cose, nella primavera del 1867 scoppiò un’epidemia di colera causata dalle pessime condizioni igienico-sanitarie della guerra, che falciò 4.000 soldati brasiliani e poi si diffuse tra i civili di tutti i paesi al confine conteso tra le quattro Nazioni.
Nonostante questo disastro collettivo, i governi non vollero chiudere il conflitto. Alla fine, sempre più indebolito dal blocco navale brasiliano e dalle epidemie, il sistema difensivo paraguayano cedette presso le due grandi fortezze fluviali di Curupayty e Humaitá, portando al primo bombardamento da parte di vascelli alleati della capitale, Asunción.
I paraguayani dovettero abbandonare le fortezze per evitare di rimanere intrappolati dalla combinazione di truppe di terra, anfibie e navali alleate. Presso Humaitá, però, decisero di opporre un’ultima resistenza contro gli argentino-brasiliani, che lanciarono all’attacco un’intera divisione. Quest’ultima venne sanguinosamente respinta con più di 1.000 caduti il 16 Luglio del 1868.
La coraggiosa difesa ebbe fine pochi giorni dopo, mediante una disperata evacuazione con le canoe. Buona parte dei soldati paraguayani furono però catturati o uccisi dall’artiglieria brasiliana, che prese a bersaglio le loro fragili imbarcazioni. In tal modo si concludeva la fase di difesa organizzata del Paraguay, durata tre anni e costata alle forze di López ben 60.000 effettivi sugli 80.000 reclutati tra il 1864 e il 1865.
Il canto del cigno delle sue sempre più smagliate forze furono le battaglie per la difesa della capitale, in cui preponderanti forze nemiche sbaragliarono i pochi reggimenti regolari del suo esercito. A Lomas Valentinas, il 27 Dicembre, schierò contro 22.000 alleati appena 7.600 uomini, di cui appena 5.000 erano effettivamente adulti. Nell’ultima fase di guerra, infatti, un disperato López arruolò anziani, adolescenti e perfino bambini, che si dice venissero truccati con barbe finte per farli apparire al nemico come uomini adulti.
Alla fine della giornata il disastro fu totale e il dittatore poté scappare dal campo con un pugno di uomini, abbandonando la sua capitale alla furia degli alleati. Il 5 Gennaio del 1869 questi vi entrarono senza incontrare quasi resistenza e si abbandonarono ad un crudele saccheggio che non risparmiò neanche le chiese, lasciando la città in totale rovina.
López, però, non si diede per sconfitto e continuò una testarda resistenza che ritardava l’inevitabile al prezzo delle sofferenze del paese che aveva giurato di difendere. Diventato sempre più paranoico, comminava sentenze capitali ad ufficiali, generali e persino membri della propria famiglia che non reputava prossimi a tradire. Il risultato fu quello che, oltre ai morti per guerra, fame e malattie, egli aggiunse centinaia di esecuzioni sommarie che non risparmiarono perfino donne e bambini.
In questo scenario da Crepuscolo degli Dei, il dittatore continuò a spostare la capitale provvisoria in luoghi più difendibili, rimasti nelle sue mani via via che si ritirava verso le montagne. La prima città ad avere il discutibile privilegio di diventare il suo centro di potere fu Piribebuy, che rimase tale fino al 12 Agosto del 1869, quando vi entrarono le truppe brasiliane.
Anche qui si combatté una disperata e impari resistenza, con 1.600 paraguayani che tennero testa per diverse ore a 20.000 alleati, che in seguito alla vittoria si sfogarono con un ennesimo saccheggio, che culminò con la morte di moltissimi civili e la distruzione con il fuoco dell’Archivio di Stato Nazionale.
Quattro giorni dopo si combatté l’ultima battaglia “di linea” del conflitto, in cui il generale paraguayano Bernardino Caballero difese con appena 4.500 soldati, di cui solo un battaglione di veterani adulti, la ritirata generale presso Acosta Ñu. Il valore disperato delle sue forze, attaccate da oltre 20.000 avversari, gli permise di resistere ben otto ore, al prezzo però del quasi totale annientamento.
A questo punto López si spostò in una nuova “capitale” ancora più all’interno, Curuguaty, ma anche questa cadde nell’Ottobre dello stesso anno. Il suo fato fu identico alle altre, saccheggio e incendio da parte dei brasiliani.
Dopo tali fatti il destino del leader paraguayano era solo questione di tempo. Tallonato da forze superiori decise a farla finita, fu raggiunto infine presso l’altura di Cerro Corá, nella Cordigliera di Amambay, in cui oppose un’ultima resistenza l’8 Febbraio del 1870. Qui schierò i suoi 409 seguaci rimasti contro 2.600 brasiliani bene armati, che dopo aver travolto le difese lo ferirono, inseguirono e, dopo che egli rifiutò di consegnare la spada in segno di resa, lo uccisero.
Con quest’ultimo, folle atto, anche l’ultima fiammella di lotta abbandonò il paese. Il Paraguay usciva a pezzi dal conflitto, in un modo che ritrova eguali forse solo nella resa della Germania Nazista alla conclusione del Secondo Conflitto Mondiale. Persi tutti i territori contesi con Brasile e Argentina, pari a circa 140.000 km2 (più o meno le dimensioni dell’attuale Inghilterra moderna), il Paraguay divenne nella pratica uno Stato satellite del Brasile, che lo occupò militarmente e amministrò fino al 1876. Dovette virtualmente pagare anche pesanti riparazioni belliche, ma questo corollario fu ben presto abbandonato vista l’impossibilità economica del paese a sostenere alcun tipo di impegno finanziario.
Come per la Grande Guerra, oltre alle pesantissime perdite militari (Argentina e Brasile lamentarono la morte del 30-40% dei mobilitati, il Paraguay ben di più) si aggiunsero quelle civili durante e dopo il conflitto, con le malattie che scoppiarono al ritorno dei soldati dal fronte, come con la Spagnola nel 1918.
La Nazione sconfitta, fino a pochi anni prima considerata in promettente sviluppo, versava in uno stato deplorevole. La maggior parte dei cittadini maschi erano bambini, adolescenti o anziani e la popolazione era passata dai 525.000 abitanti del 1864 agli appena 221.000 del 1871. Tutti i primi tentativi d’industrializzazione vennero distrutti o sequestrati dagli alleati e il paese sprofondò nella crisi economica da cui uscirono fuori enormi latifondi e una popolazione esausta, incapace di reggere anche alle più semplici malattie, che lo flagellarono negli anni successivi.
Anche gli alleati, per quanto vittoriosi, non avevano da gioire troppo. Le terre ottenute avevano richiesto pesanti costi materiali e umani, che portarono tutti gli Stati coinvolti ad indebitarsi pesantemente con la Gran Bretagna, che ottenne grande benefici indiretti dal conflitto, un po’ come gli Stati Uniti dopo la Grande Guerra. Buona parte degli armamenti, delle munizioni e delle navi alleate furono acquistati a questa grande potenza, con milioni di sterline prestati a Brasile, Argentina, Uruguay e, dopo la fine delle ostilità, anche per la ricostruzione del Paraguay.
Il Brasile, inoltre, con il potenziamento dell’esercito innescò quel sistema che a breve porterà alla fine dell’impero in favore di una fragile democrazia, sempre prossima a cadere sotto il pugno di ferro militare.
L’Argentina seppe giocare meglio le sue carte, aumentando sul medio periodo l’influenza sia sull’Uruguay che sul Paraguay, complice la comune origine spagnola invece che portoghese, oltre che il comune timore di un eccesso sbilanciamento di potere nei confronti del grande vicino a nord.
Alberto Massaiu
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