E’ notizia freschissima il rinvio a giudizio, nell’inchiesta sulla P3, di Denis Verdini, grande collegatore di questo misterioso e oscuro meccanismo che sta permettendo di governare – se così si può definire – l’Italia chiamato “Il patto del Nazareno”. Ora mettendo da parte sia le misere vicende politiche del nostro paese, sia il povero Gesù che si vede arbitrariamente, e probabilmente senza suo consenso, eletto come nume tutelare del patto dei due ladroni e concentriamoci invece sulla P3. Meglio ancora, sulla sua più famosa antenata, la P2.
Spostiamoci un po’ indietro nel tempo e nello spazio, più precisamente nel lontano marzo 1981, a Castiglion Fibocchi, in quel di Arezzo. Questo è un piccolo paese di poco più di duemila anime, dove si trovavano gli uffici di un faccendiere noto come Licio Gelli. Ex fascita, ex repubblichino, ex aiutante delle brigate partigiane e delle forze alleate anglo-americane, insomma un simpatico personaggio capace di uscire da tutte le situazioni più intricate, ritrovandosi sempre dalla parte vincente grazie a doppi o tripli giochi oppure ad un’amicizia importante.
Due magistrati di Milano, Giuliano Turone e Gherardo Colombo, si sono imbattuti in Licio Gelli durante l’indagine che stanno conducendo contro il banchiere siciliano – bancarottiere e in odore di mafiosità – Michele Sindona. Seguendo la loro linea investigativa hanno predisposto una perquisizione in tre luoghi frequentati abitualmente da Gelli. Calma piatta nei primi due, ma a Castiglion Fibocchi la Guardia di Finanza scopre una serie di documenti, fascicoli e lettere dal contenuto esplosivo. Sono delle liste, delle liste di nomi.
In tutto 962 nomi. E che nomi! 3 ministri e 5 sottosegretari di governo, 67 uomini politici, 52 dirigenti ministeriali, 208 ufficiali delle forze armate, dei carabinieri e dei servizi segreti, 18 alti magistrati, 49 banchieri, 120 imprenditori – tra cui Silvio Berlusconi, tessera 1.816 – e 27 giornalisti.
Molte di queste persone, come il generale Vito Miceli e il generale Maletti, il capitano Antonio La Bruna e i banchieri Michele Sindona e Roberto Calvi, hanno interpretato ruoli importanti nelle pagine più oscure della storia italiana, durante gli Anni di Piombo, e diversi di loro subiranno fini ignominiose di carriera o peggio – come ad esempio Sindona, Calvi o il giornalista Mino Pecorelli – della vita.
Queste liste di nomi vanno a comporre l’elenco degli affiliati alla loggia massonica coperta Propaganda 2, una costola deviata e infine sconfessata di una delle due grandi logge massoniche italiane, la Grande Oriente d’Italia. Licio Gelli era entrato nella massoneria nel 1963 e ben presto ne aveva scalato le posizioni più prestigiose, ottenendo infine il compito di riorganizzare una sezione coperta che in quel momento si trovava in pieno stato di stagnazione. Lui accettò l’incarico e in brevissimo tempo imbastì una rete di contatti, interessi condivisi, affari e favori immensa, tanto da guadagnarli il soprannome di “Colui che collega tutti”. Diventò infine sufficientemente potente da rendere la sua sezione, la P2, virtualmente indipendente dal resto del Grande Oriente, autoproclamandosi Maestro Venerabile, ovvero capo supremo della loggia.
Benissimo. I 962 nomi, quei 962 nomi di persone influenti, importanti, ricche e potenti, vanno ad indicare coloro che, a titolo più o meno stretto, si erano nel tempo affiliate alla loggia. Il dubbio lecito, a questo punto, era quello di stabilire cosa quelle persone facessero o ricavassero dall’appartenenza alla P2. Era solo un club privato per intessere relazioni e scambiarsi favori più o meno leciti? Oppure l’ombra che poteva gettare sulle vicende del paese era più oscura, come ad esempio il governarlo nell’ombra, come un vero Stato nello Stato?
I magistrati Turone e Colombo, resisi conto del materiale esplosivo che avevano in mano, decisero che il tutto era talmente grave che non poteva essere gestito solo dalla magistratura, ma doveva ricomprendere anche la politica. Cercarono quindi di andare prima dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che però si trovava all’estero e risultava quindi irreperibile, per poi infine optare sul Presidente del Consiglio dell’epoca, Arnaldo Forlani. Quest’ultimo, una volta verificata la veridicità dei documenti e scioccato da alcuni nomi presenti, appartenenti sia ai vertici militari, sia dei servizi segreti e perfino del suo stesso governo – uno era perfino il suo Ministro di Grazia e Giustizia Adolfo Sarti -, decise di prendersi del tempo per pensare. Passarono due mesi pesantissimi, con la notizia che iniziò a trapelare, le interrogazioni parlamentari e la rabbia della cittadinanza per quel segreto che nessun potente voleva rendere pubblico. Il Re, infine, era nudo.
Due mesi dopo, al seguito di estenuanti discussioni e pressioni, Forlani pubblicò le liste e scoppiò la bomba mediatica. Il Governo si dimise, i nomi finirono sulle prime pagine dei giornali e sui telegiornali, la classe politica e le alte sfere dello Stato erano compromesse da uno scandalo che farà da antipasto al terremoto politico di Tangentopoli che avverrà un decennio dopo.
La principale domanda di tutti era però rimasta senza risposta alcuna: cosa rappresentava e cosa aveva in mente, in verità, la P2? Quali erano i suoi scopi e propositi? Cosa aveva fatto fino ad allora? Quanto a fondo era entrata nel processo decisionale e quindi, in ultimo, nel dipanarsi delle vicende italiane degli ultimi vent’anni – fine sessanta, inizio ottanta -, i più tragici e drammatici di tutta la storia della Repubblica?
Tra i vari documenti che saltarono fuori durante le indagini, il più inquietante, quello che da maggior adito alle peggiori paure, è senza ombra di dubbio il cosiddetto Piano di Rinascita Democratica (CLICCA QUI per visionale il documento integrale). Questo testo unisce una serie di considerazioni dell’Italia di quegli anni – 1974-76, squassata dal terrorismo rosso e nero, dalle stragi, dagli scioperi, dal caos nelle università, dalla stagnazione parlamentare ed economica – a tutta una serie di obbiettivi da raggiungere e di strutture dello Stato da riformare.
Gli obbiettivi generali erano:
- I partiti politici: andavano sostenuti, potenziati e sopratutto finanziati uomini politici fedeli e selezionati di partiti sinceramente democratici, ovvero tutti tranne il Partito Comunista Italiano, che andava completamente tagliato fuori dall’agone politico e marginalizzato;
- La stampa: andavano corrotti e comprati un certo numero di giornalisti che avrebbero poi potuto influenzare la popolazione sui temi cari alle idee di rifondazione democratica della P2. Andava acquisito il controllo di testate importanti attraverso lo strumento finanziario (quasi ci riuscirono con il Corriere della Sera). Andava coordinata tutta la stampa provinciale e locale attraverso un’agenzia centralizzata sotto il controllo di uomini fidati. Andavano unite molte TV via cavo in un ottica privatistica – sempre da dare in mano a persone fidate. Vi viene per caso in mente qualche cosa? Tipo.. Mediaset? – per spezzare prima il monopolio Rai e, infine, dissolverla in nome della libertà d’antenna;
- I sindacati: attraverso corruzioni, favori e se serve ricatti bisognava fondere CISL, UIL e autonomi in un grande gruppo sindacale che possa controbilanciare prima e infine sopraffare la CGIL;
- Magistratura: andava indebolita come terzo potere dello Stato, fino a quando non sarebbe stato possibile farla rientrare sotto controllo del Governo. Alcune azioni necessarie a tale scopo erano: responsabilità civile per i magistrati; divieto di nominare i magistrati sulla stampa; separazione delle carriere di PM e giudici; modifiche di norme d’accesso alla carriera, con esami psico-attitudinali svolti da un ufficio del Governo; responsabilità del Ministro della Giustizia – ovvero sempre il Governo – sull’operato dei PM attraverso apposite riforme della Costituzione; CSM, organo di autogoverno della Magistratura, doveva invece essere reso responsabile di fronte al Parlamento, al quale avrebbe dovuto direttamente rispondere – anche qui modifica costituzionale. Le carriere dei magistrati andavano gestite negli avanzamenti attraverso esami di merito svolti da apposite commissioni parlamentari o governative e così via;
- Rovesciamento dei ruoli tra Governo e Parlamento in un’ottica più autoritaria e decisionista: il Parlamento doveva perdere il suo ruolo di controllore e freno per l’azione governativa. Il Presidente del Consiglio andava trasformato in una figura più simile al Presidente statunitense, con possibilità legislative molto superiori a quelle dell’epoca. Di seguito venivano ancora indicate diverse altre operazioni per indebolire il Parlamento e rafforzare il Governo, con apposite modifiche costituzionali. L’idea era quindi quella di portare l’Italia da una forma repubblicana parlamentare ad una presidenziale con tinte autoritarie.
A questi elementi vanno aggiunte due postille finali a mio parere molto importanti. La prima: il fine di tutte queste azioni non era eversivo in senso stretto, ovvero non era volto a scatenare in Italia un Putsch militare come era successo in Grecia o in Argentina, ma molto più subdolamente si puntava ad utilizzare la corruzione, i favori, i ricatti e gli stessi strumenti democratici per cristallizzare una situazione di status quo di potere che avrebbe garantito un completo allineamento atlantista e filo-americano attraverso la totale immobilizzazione delle istanze di rinnovamento sociale e umano – ci sarà un motivo sul perché molti politici di allora ancora bivaccano nel Parlamento oggi – del paese.
La seconda è ancora peggiore: una considerazione personale di Gelli afferma testualmente che “Basterebbero 30-40 miliardi per far si che uomini fedeli alla nostra linea e ai nostri valori possano avere accesso a posizioni di potere in tutti i settori della vita dello Stato” ovvero è la prima testimonianza di quel connubio, creato da questi signori e sponsorizzato da Stati Uniti e Nato, che ha infettato allora e ancora infetta questo paese. Il sistema della corruzione generalizzata, dei ricatti, dei favori che nacque in quei giorni ormai lontani è stato solo intaccato con la scoperta della P2 e con lo scandalo di Tangentopoli, ma rimane ancora ben vivo e vegeto nel sistema politico e sociale italiano.
Con la P2 in Italia vennero gettati i semi di un male terribile che ora, a distanza di quasi quarant’anni da quegli eventi, ancora ci perseguita. Il male di un sistema cristallizzato e inviolabile, con politici intoccabili e inamovibili, ricattatori e ricattati, corrotti e senza alcuna idea tranne il trascinarsi solo avanti, lasciando rovine e macerie dietro di loro.
Ho letto bene il Piano di Rinascita Democratica. Ci sono diverse cose che si potrebbero anche condividere. Il sistema paese non era perfetto allora come non lo è ora. Soluzioni forti, rivoluzionarie, anche drastiche, si potrebbero, anzi si dovrebbero prendere, se si vuole rimettere il paese nella giusta direzione.
Ma non si può farlo con segreti club di stampo massonico, con gruppetti di potere e affari loschi, con la corruzione e i favori, con i ricatti nascosti. Se si vogliono cambiare le cose bisogna uscire allo scoperto, senza il falso buonismo che ha sempre avuto una certa sinistra, un certo centro e una recente “destra”. Vanno dette le cose come stanno, vanno chiaramente descritti i sacrifici da fare – da tutti, in primis dalle classi dirigenti –, i ben definiti risultati che si vogliono ottenere e in quanto tempo preciso si otterranno. Bisogna mettere bene in chiaro le scelte da fare, le cose che andranno cambiate e perché, se si vuole veramente che anche il cittadino si senta partecipe di un progetto più grande e serio volto al superare le difficoltà attuali.
Gli italiani, come molti altri popoli prima di loro, hanno certo grandi pecche, ma anche tantissimi pregi. Basta che se ne rendano solo conto, che siano capaci di prendersi le loro responsabilità e il loro destino nelle loro mani, che non si facciano dire da Washington o da Bruxelles cosa è giusto per loro, ma lo stabiliscano da soli.
Dalla responsabilità individuale nasce quella collettiva. Dalla responsabilità collettiva nasce l’indipendenza morale ed economica della società. Dall’indipendenza morale ed economica della società nasce la vera libertà di un popolo. Ed è solo su questa che si devono basare i progetti per il futuro.
Alberto Massaiu
Leave a reply
Bella disamina dei fatti passati che si collegano ai recenti avvenimenti del nostro maltrattato paese, e se, come dicono alcuni, abbiamo i politici che ci meritiamo, allora, partendo da queste basi, ribelliamoci!!!