Esisteva un tempo, in mezzo alla foresta impenetrabile e selvaggia che costeggia la valle del fiume Lungorivo, il villaggio di Terrantica. Ai nostri tempi solo pochi valenti esploratori e qualche anziana fattucchiera in cerca di erbe curative osano affrontare le sue tenebrose fronde, alcune volte non tornando più indietro.
Gli abitanti di questo villaggio erano rinomati per le numerose liti che scoppiavano tra loro e per la loro appartenenza al paganesimo più retrivo, visto che non era ancora stati raggiunti dal salvifico messaggio di Nostro Signore.
In sé e per sé non erano cattiva gente, ma gli antichi usi ai quali erano legati li qualificavano come persone strane agli occhi dei pacifici villani timorati di Dio che abitavano la valle.
Ogni primavera, sempre a gruppi di sette uomini, uscivano dalle pendici del bosco e si recavano presso i paesi sulle rive del fiume, per scambiare con i locali i frutti della terra che raccoglievano durante l’inverno, oltre a pelli, pietre da lavorazione, qualche manufatto in terracotta e legna di quercia, olmo e frassino.
Un giorno il Vescovo Athanasius decise che era tempo di portare alla luce quelle anime sventurate, condannate alla dannazione eterna per la loro adorazione degli idoli e degli spiriti della foresta.
Perciò incaricò dei frati di effettuare una santa opera di evangelizzazione, creando una chiesa a Terrantica e insegnando così il Verbo del Signore a tutti loro.
La missione iniziò bene, in quanto l’accoglienza dei missionari fu amichevole, viste le sempiterne leggi sull’ospitalità, molto care ai popoli di quelle terre, qualsiasi fosse la loro religione.
Purtroppo per i frati proprio in quegli ultimi anni il grande villaggio, composto da cinque quartieri sparsi tra gli alberi e la macchia, era spaccato a metà da una faida nata tra i due più potenti clan, i ricchi Torralta e i più poveri Senzaterra.
La chiesa venne costruita nel quinto quartiere, il più “caldo” visto che era l’unico condiviso da entrambe le famiglie e i loro alleati.
Come per tutte le cose, i clan non si trovarono d’accordo sull’introduzione della religione. I Torralta, possessori delle terre e delle attività più floride, si comportarono subito da mecenati, adottando la Vera Fede, finanziando la chiesa e la scuola, mandandovi i loro figli affinché studiassero e imparassero a leggere a scrivere come gli abitanti delle pianure.
I Senzaterra, più poveri e superstiziosi, non avevano accettato immediatamente i frati, e ora erano troppo orgogliosi per chiedere il loro aiuto ed usufruire così degli stessi benefici dei Torralta.
Allo stesso tempo capirono che quelle innovazioni avrebbero permesso quasi di sicuro ai loro rivali di prevalere definitivamente nelle future diatribe, perciò iniziarono ad elaborare un ingegnoso piano per sbarazzarsi dei nuovi venuti e colpire a fondo i Torralta.
Scelsero tra loro un esperto di guerra senza scrupoli, affinché uccidesse uno dei ragazzi educati dai frati.
Quest’ultimo, senza mettersi troppi problemi e senza porre indugio, aspettò all’uscita un povero ragazzino innocente, lo sgozzò e lo gettò nel pozzo che avevano scavato i frati per non dover ogni volta andare a prendere l’acqua al ruscello, come si faceva prima del loro arrivo.
Poi, per seminare maggior discordia e dubbio, le anziane donne schierate con gli assassini fecero circolare la voce che la scomparsa del ragazzino era dovuta ad alcuni strani riti, importati dai forestieri in nome del loro Dio crocifisso.
Inutile dire che, quando il cadavere del piccolo fu ritrovato nel pozzo del cortile della chiesa, anche la fazione cristiana dei Torralta abbandonò la nuova religione e iniziò ad odiare i frati. Inoltre, per una volta uniti dall’astio comune verso un entità esterna che aveva portato la morte nel villaggio, attaccarono e scacciarono assieme i poveri sacerdoti, linciandone alcuni e catturandone altri.
I frati sopravvissuti si dovettero rifugiare nel bosco, per poi ritornare mestamente dal Vescovo con l’amara notizia del loro fallimento.
Sentendo però le grida dei loro compagni, che venivano torturati e arsi vivi nel villaggio per placare la sete di vendetta degli dei pagani, alcuni dei religiosi, abbandonato lo spirito di perdono che loro stessi insegnavano, maledissero quel luogo scellerato e i suoi pagani abitanti.
Il giorno seguente scoppiò nel villaggio un terribile terremoto, che rase al suolo i quattro quartieri dei Torralta e dei Senzaterra e trascinò nelle viscere più profonde della terra le anime e i corpi di coloro che si erano macchiati le mani di sangue innocente.
Rimase in piedi un solo quartiere, quello dove coabitavano i resti dei due clan. Fu questa la terribile maledizione di Terrantica:
“Vivrete assieme, uscio davanti all’uscio,
ogni Torralta presso un Senzaterra,
con il coltello in mano e l’insulto pronto sulle labbra,
e continuerete a combattervi e ad odiarvi per l’eternità!
Fiat!”
Alberto Massaiu
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