L’unione tra la Polonia e la Lituania, che si perfezionò negli anni a cavallo tra il 1386 e il 1569, andò a creare il più grande e potente paese dell’Europa orientale e, potenzialmente, dell’Europa intera. Con i suoi oltre un milione di km² di estensione, all’interno dei suoi confini rientravano ben nove nazioni contemporanee tra cui Polonia, Lituania, Estonia, Lettonia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Russia e Transinistria.
È stato un paese di record e unicità. Venne fondato dall’unione tra i più importanti cattolici orientali – i polacchi – e l’ultimo sovrano pagano d’Europa, Jogaila di Lituania. Venne retto per oltre due secoli da una monarchia elettiva che, per certi versi, risultò essere una sorta di repubblica aristocratica dominata da pochi grandi magnati feudali. Poté vantare la seconda più antica costituzione al mondo, seconda solo alla Magna Charta Libertatum inglese, e il ruolo di grande protettrice della cristianità cattolica contro l’avanzata dei musulmani e degli ortodossi.
Per due secoli circa, fino al 1648, fu una potenza di primo piano nel panorama dell’epoca, e seppe tener testa ai moscoviti – poi russi –, ai tartari di Crimea e, soprattutto, ai temutissimi turchi ottomani. Nel 1683 la loro cavalleria d’élite, gli ussari alati, sbaragliarono l’ultimo esercito della Sublime Porta che riuscì a giungere fino a Vienna.
Insomma, una storia interessante. Vediamo un po’ di scoprirne, in questo articolo, i primordi e alcune delle caratteristiche peculiari.
Tutto iniziò nel X secolo, quando Mieszko, signore della tribù slava occidentale dei polani, riuscì a sottomettere vaste aree in quelle che diventeranno le regioni della Grande Polonia al di là del fiume Oder. Questi scelse di abbandonare il paganesimo per evitare scontri con il Sacro Romano Impero degli ottonidi, e diventando così la linea più avanzata del cattolicesimo romano.
Suo figlio Boleslaw ereditò questi domini e li allargò, occupando le regioni della Slesia, della Pomerania, della Piccola Polonia, della Slovacchia, della Moravia. Tanto fece che ottenne il riconoscimento ufficiale dell’imperatore Otto III, che lo definì “Frater et Cooperator Imperii”. La posizione di vassallo dei sovrani di Germania gli stette però sempre stretta, anche perché le sue terre si andarono ulteriormente ad allargare fino all’Ucraina occidentale ad est e alla Boemia ad ovest.
Nel 1025, alla fine, riuscì a vedersi riconosciuto dalla Santa Sede il rango regale, fondando ufficialmente la monarchia polacca. Questa visse due secoli e mezzo difficili, con guerre civili, intrighi e pressioni da parte dei tedeschi che ridussero il paese al rango ducale e granducale fino al 1295, quando Przemysł II riuscì a farsi incoronare di nuovo re con il consenso del papa Bonifacio VIII.
I suoi eredi Wacław II e III salirono anche sui troni di Boemia e Ungheria, gestendoli però come unioni personali che, a discapito della grande estensione territoriale, rendevano virtualmente impossibile governare efficacemente quei territori.
Il legame con l’Ungheria permase anche dopo l’estinzione della storica dinastia dei piasti, nel 1370, e l’ascesa di Lajos – o Ludwik – d’Ungheria, che resse i due paesi fino al 1382 (ne parlo in questo articolo). A lui succedette in Polonia la figlia Jadwiga, che ci mette finalmente in contatto con l’altro grandissimo personaggio che è per noi fondamentale per parlare della Polonia-Lituania: Jogaila.
Quest’ultimo era il discendente di Gediminas, primo uomo a fregiarsi del titolo di granduca di Lituania. Il suo paese era, ancora nel XIV secolo, l’ultimo baluardo del paganesimo in Europa. Di più, stretto tra gli ortodossi russi, i cattolici polacchi, danesi, livoniani e teutonici e i mongoli musulmani, seppe organizzare un paese moderno incentrato sul modello feudale, capace di non limitarsi a respingere i tentativi di cristianizzazione, ma perfino di allargarsi a scapito dei vicini.
Tanto fece che nel 1324 costrinse i cavalieri dell’ordine di Livonia e il papa stesso a riconoscere la Lituania come Stato sovrano con cui commerciare e intrattenere rapporti diplomatici ufficiali. Il figlio Algirdas salì al potere nel 1345 e, nei trent’anni di regno, trasformò la Lituania nella superpotenza regionale, spingendo i confini fino al Mar Nero. In questo processo si confrontò con successo a più riprese con i teutonici, con i mongoli dell’Orda d’Oro e con i moscoviti. Nel 1368 e nel 1372 egli giunse perfino ad assediare Mosca, ma senza prenderla.
Sempre in quegli anni, nel 1362, sconfisse in maniera decisiva i tartari nella battaglia delle Acque Blu, costringendoli a spostarsi in Crimea, dove fonderanno il khanato che entrerà nell’orbita ottomana tra il XV e il XVIII secolo.
L’aspetto più sorprendente è che egli riuscì a compiere tutto questo rimanendo pagano fino alla fine, come è testimoniato da diversi cronisti russi e bizantini come Nikephoros Gregoras. La prova più lampante fu il suo funerale, che lo vide cremato secondo le antiche consuetudini del suo popolo sopra una pira cerimoniale in un bosco sacro vicino a Maišiagala, con diciotto dei suoi cavalli e numerose armi e oggetti personali.
A succedergli fu il nostro Jogalia, fondatore peraltro della celeberrima dinastia degli Jagelloni di Polonia. Egli si trovò quasi subito impelagato in una guerra civile con il fratello Andreij di Polotsk e poi con lo zio Kęstutis e il cugino Vytautas, che vinse anche grazie all’aiuto dei teutonici, a cui aveva promesso di promuovere la cristianizzazione del paese.
La situazione nell’area, però, rimaneva molto instabile e i teutonici, ben presto, si trovarono in guerra con lui. Egli allora si riappacificò con il cugino Vytautas e strinse legami con il principe di Mosca Dimitrij, che gli chiese di convertirsi all’ortodossia e di sposare la figlia.
Alla fine, però, la scelta cadde sulla undicenne Jadwiga o Edvige, erede della corona di Polonia, che impalmò nel 1385 con l’Unione di Krewo. Grazie a questo accordo venne sancita la fusione tra i due paesi – definita molto ottimisticamente “per l’eternità” – e la conversione di Jogalia al cattolicesimo con il nome dinastico di Władysław.
Egli mantenne la promessa. Non solo lui, ma anche i più grandi nobili e una gran parte della popolazione accettò la nuova fede con riti di massa come i battesimi nei fiumi, seppur molti aspetti dell’antico paganesimo e dalla più recente ortodossia vennero lasciati incontrastati in buona parte delle campagne.
Ad ogni modo, sotto l’insegna delle nozze, anche la Lituania entrava nel novero delle nazioni cristiane e cattoliche, aspetto che genererà futuri conflitti religiosi di faglia contro la rampante potenza russa.
I cavalieri teutonici, però, non credettero alla conversione, e continuarono le incursioni in Lituania fino al 1398 quando, con il trattato di Salynas, Władysław consegnò loro la regione contesa della Samogizia – che permetteva di unire i loro territori meridionali in Prussia con quelli settentrionali in Livonia – e promise di supportarli nella conquista di Pskov, mentre a sua volta loro lo avrebbero aiutato nella presa di Novgorod.
Tra il 1408 e il 1409, stanco per le continue opposizioni dei teutonici, organizzò con il cugino Vytautas una campagna per ridimensionare il loro potere, fomentando una rivolta in Samogizia. L’hochmeister Ulrich von Jungingen dichiarò guerra alla Polonia-Lituania, dichiarando che sia Jogalia che Vytautas erano ancora pagani, e perciò andavano conquistati e convertiti con la forza.
Lo scontro decisivo avvenne a Grunwald – o Tannenberg, luogo che fu teatro di una schiacciante vittoria tedesca contro i russi nel 1914 – il 15 luglio del 1410. Un po’ come accadde ad Hattin contro Ṣalāḥ ad-Dīn, i teutonici avevano portato il meglio delle loro forze, contando di schiacciare il nemico attraverso l’urto della loro cavalleria corazzata. Erano circa 20.000, contro quasi il doppio di polacco-lituani.
Il risultato fu una catastrofe per l’Ordine, la più grande sconfitta della loro storia. L’esercito messo in campo fu annientato, con tutti i comandanti uccisi o catturati, tra cui il gran maestro von Jungingen. Decapitato il potere dei teutonici, l’anno dopo venne firmato il trattato di Toruń, che assegnava parte delle regioni contese ai polacco-lituani e stabiliva una pesante indennità di guerra che dissanguò le finanze dei teutonici, che da quel momento in poi persero per sempre l’iniziativa strategica nella regione, subendo le iniziative degli avversari fino alla definitiva pace del 1466 – sempre firmata a Toruń – che ridusse il loro territorio al lumicino, gettando le basi per la futura nascita del ducato di Prussia, una storia che ho già raccontato qui.
Annichiliti i teutonici, il grande nemico diventò l’Impero Ottomano, che nel 1444 aveva portato alla morte il giovane sovrano di Polonia e Ungheria – l’ennesima fragile unione dinastica – Władysław III, che a vent’anni si fece sbaragliare a Varna dalle forze di Murad II.
Gli successe Kazimierz IV, che rafforzò grandemente il paese, inserendolo stabilmente nel consesso delle Nazioni europee moderne e della politica internazionale. I suoi successori, nel bene e nel male, dovettero affrontare le pressioni sempre più serrate dei russi ad est, che puntavano a prendere Smolensk, e degli ottomani a meridione, supportati dai tartari della Crimea. Il centro nevralgico della contesa fu la Moldavia, che alternativamente passava dalla sudditanza verso la Polonia a quella per la Sublime Porta.
Nel 1569 l’ultimo sovrano della dinastia degli Jagelloni, Zygmunt II August, concordò con i grandi signori di Polonia e di Lituania l’Unione di Lublino, che trasformò ufficialmente il Regno di Polonia e il Granducato di Lituania – prima uniti di norma in via personale – in un vero e proprio Stato, chiamata Repubblica – o meglio dire Confederazione – delle Due Nazioni, Rzeczpospolita Obojga Narodów in polacco e Abiejų Tautų Respublika in lituano.
Visto che Zygmunt non aveva eredi diretti, venne sancito che, d’ora in poi, il paese sarebbe stato governato da un monarca elettivo, scelto dalla grande assemblea dei più grandi nobili, affiancato da un Senato e da un Parlamento.
I lituani, all’inizio abbastanza restii, dovettero infine accettare tale accordo per ottenere il sostegno contro la Russia, che stava erodendo i suoi confini orientali, affacciandosi sempre più al cuore del paese.
L’accordo si può considerare una grande successo sul breve periodo e un errore fatale sul lungo. Al momento, infatti, Zygmunt August aveva creato la più grande e potente nazione europea, con un territorio immenso e altrettante risorse. Al contempo, però, aveva fallito nel tentativo di rendere efficiente la macchina statale, e alla fine i magnati più potenti ebbero gli strumenti per creare quella che passò alla storia come la Aurea Libertas, o Libertà Dorata, che esautorò sempre più la corona nel suo potere giudiziario, di imposizione delle tasse, legislativo e militare, rendendo la colossale struttura della Polonia-Lituania un luogo perfetto per soddisfare le ambizioni dei potenti vicini che, al contrario, avevano puntato tutto sul totale accentramento dei poteri nella monarchia.
Ad ogni modo l’Unione di Lublino, con i suoi pro e contro, risultò estremamente longeva, permanendo fino al 1791, al tempo delle grandi spartizioni della Polonia. Il tentativo di ammodernare il paese giunse troppo tardi e, nel 1795, l’intero paese scomparve dal palcoscenico della storia, per ritornarvi solo per breve tempo e in altre forme sotto Napoleone e, infine, per rinascere in seguito alla Grande Guerra.
Ma questa è un’altra storia.
Alberto Massaiu
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