Questo piccolo paese insulare, stretto nelle gelide e perigliose acque che separano le moderne Scozia, Inghilterra e Irlanda visse una vita caotica piena di battaglie terrestri e navali, saccheggi, invasioni, sottomissioni e rivolte mentre popoli e regni andavano a crollare, nascere, mutare.
I suoi domini territoriali comprendevano alla massima espansione l’isola di Man, le Ebridi, quelle del Firth of Clyde tra cui Arran, Bute e Grande Cumbrae, le Orcadi, le Shetland e, forse, perfino quella gallese di Anglesey, in uno spazio di appena 10.500 km², poco di più – tutto compreso di isole abitabili e scogli spazzati dal Mare del Nord – dell’isola di Cipro, la terza per grandezza del Mediterraneo.
L’esistenza del regno come entità indipendente ha una data d’inizio indicativa e una di fine chiara: dalla seconda metà del IX secolo fino al 1266 (o, come vedremo, perfino il 1493), anno in cui venne definitivamente annesso alla Scozia, per quanto mantenne un’ampia autonomia fino all’alba dell’era moderna e, perfino oggi, il titolo di “Lord of the Isles” in inglese, “Triath nan Eilean” o ancora “Rí Innse Gall” in gaelico scozzese rimane vivo nella tradizione, appannaggio del principe ereditario del trono di Gran Bretagna, già Principe di Galles, Charles Mountbatten-Windsor.
Tornando ai tempi remoti della sua nascita, bisogna viaggiare fino agli anni del primitivo e suggestivo Regno degli scoti di Dál Riata e della signoria dei Pitti. All’epoca quella che oggi conosciamo come Scozia, nome derivato dagli invasori irlandesi delle tribù di scoti, la terra ancora semi-sconosciuta che si trovava al di là del grande Vallum Hadriani era chiamata genericamente Caledonia, rifacendosi al nome assegnatole da studiosi, generali e amministratori romani della Britannia.
I pitti, il cui nome forse deriva dal latino “pictus” o “dipinto”, alludendo alla loro abitudine di tatuarsi il corpo come molte tribù celto-britanniche, erano probabilmente una confederazione di piccole entità unitesi per fronteggiare lo strapotere romano in Britannia. Dopo il crollo della signoria dell’Urbe – che lasciò definitivamente l’isola al suo destino nel 410 d.C. – i pitti dovettero vedersela con gli scoti d’Irlanda ad ovest e sulle isole, i sassoni di Beornice – poi Northumbria – a sud-est e i britanni di Ystrad Clud a sud-ovest.
La regione fu cristianizzata grazie a Colum Cille o San Columba, re irlandese e monaco guerriero detto l’apostolo dei pitti, che secondo la leggenda fondò con dodici compagni la celebre abbazia sull’isola di Iona, nelle Ebridi Interne, nel 563 d.C.
Questo centro sperduto ai limiti del mondo conosciuto e ai margini della civiltà – che ormai coincideva con la cristianità – divenne uno dei più luminosi fari di cultura dell’intera Europa. Monaci formati a Iona preservarono la cultura latina e molti testi antichi con il loro duro lavoro di trascrizione, convertirono i pitti e i sassoni settentrionali e posero le basi di numerosi altri monasteri tra cui l’abbazia di Lindisfarne.
Questo monopolio religioso e culturale diede grande potere di riflesso ai sovrani pitti, che all’epoca seppero stabilizzare le frontiere con i northumbri e stabilire il predominio sugli scoti di Dál Riata, creando quella fusione di elementi pitti e scoto-irlandesi che si sarebbero uniti nel futuro Regno di Alba, da cui nascerà la Scozia.
Ad ogni modo la loro parabola ascendente venne interrotta dalla violenza delle invasioni vichinghe del IX-XI secolo. Lindisfarne, fondata da monaci di Iona, venne saccheggiata nel celebre episodio del 793, che simbolicamente apre l’epoca degli attacchi scandinavi nelle isole britanniche e nel resto d’Europa.
Quella di Iona, posta su un’isola e totalmente indifesa militarmente, subì ben quattro attacchi – il primo nell’Anno Domini 806, in cui tutti i 68 abitanti e religiosi dell’abbazia furono trovati senza vita – nel primo ventennio del IX secolo, tanto da portare i monaci a traslare nell’849 le reliquie del santo e tutti i documenti redatti e preservati nei tre secoli precedenti in luoghi più sicuri, lontani dal mare.
Il Regno di Dál Riata, tributario dei pitti, fu annientato entro la metà del secolo dagli incursori danesi e norvegesi che, dopo un’iniziale momento di soli raid, procedettero alla colonizzazione delle isole per farne approdi sicuri per ulteriori attacchi e campagne di espansione. Fu proprio in questa epoca di caos che i jarl norreni gettarono le basi per il Regno delle Isole, generato dall’unione sincretica e spesso violenta tra elementi pitti, scoti e scandinavi.
Perfette per la difesa vista l’incontestabile superiorità marinara dei vichinghi, divennero il trampolino di lancio per le loro invasioni delle signorie indigene d’Irlanda, Galles, Scozia e Inghilterra. Fu in quel periodo che le tribù di lingua gaelica iniziarono a chiamare questo territorio come Innse-Gall o Isole degli Stranieri.
Nell’875 molti signori della guerra norvegesi in fuga dalla politica accentratrice di Haraldr inn hárfagri, il celebre Harald Bellachioma che unificò per la prima volta la Norvegia in un unico regno tra l’872 e il 930 d.C., si rifugiarono proprio in queste isole. Il grande re, però, decise di inseguirli fino a questo loro ultimo rifugio e conquistò le Ebridi, l’isola di Man, le Shetland e le Orcadi. Il suo predominio non durò a lungo in quanto suo cugino Ketill Björnsson si auto-proclamò per la prima volta “Re delle Isole”. I tentativi di Haraldr di rioccupare con la forza lo scacchiere sfumarono e da quel momento in poi il nuovo regno iniziò una vita turbolenta a cavallo tra le influenze norvegesi, irlandesi e scozzesi.
I sovrani delle isole alternarono guerre – specialmente spedizioni in Irlanda, perlomeno fino alla disastrosa battaglia di Clontarf del 1014, in cui gli irlandesi guidati da Brian Bóruma li ricacciarono in mare – e alleanze con i loro vicini gaelici per mantenere l’indipendenza dalla madrepatria, che fin dai tempi di Haraldr vantava diritti di primazia sui loro possedimenti. Nel 1095, però, nonostante queste contromisure il re gaelico-norreno Gofraid Crobán di Dublino e delle isole venne deposto da Magnus III di Norvegia, che si annetté manu militari tutti gli arcipelaghi al di fuori della Scozia “continentale”, sancendo la sua autorità con una serie di trattati con i sovrani scozzesi.
I discendenti di Gofraid, però, salparono dall’Irlanda – in buona parte colonizzata dai vichinghi nella parte nord e orientale – e riottennero il predominio sulle isole alla morte di Magnus, ucciso nel 1103. Il suo erede, Sigurd, preferì infatti riconoscere il ritorno della dinastia locale pur di mantenere un’alleanza e un predominio formale della Norvegia sul Regno delle Isole.
Salì quindi al trono Olaf I Godredsson, che per quarant’anni seppe gestire in maniera totalmente indipendente il suo paese, giostrando forza militare e diplomazia con i sempre più solidi Stati che si andavano a formare in Scozia e Inghilterra, in cui il Wessex era diventato l’indiscusso nucleo di un paese unificato.
Olaf fu ucciso da suo nipote nel 1153 ma l’usurpazione fu breve in quando il figlio del re morto, Godred II Olafsson, seppe recuperare il trono di Man e delle Isole Settentrionali, oltre che diventare signore di Dublino in Irlanda. Il suo stile di governo, però, non piacque ai nobili che si trovarono un difensore in Sumarliði o Somhairle, signore dell’Argyll scozzese.
Questi contese il trono a Godred in una battaglia navale che si concluse in un sostanziale pareggio nel 1156, cosa che portò ad un fugace accordo di divisione del regno in uno Stato settentrionale con le Ebridi Interne meridionali, Kyntire e le isole di Clyde sotto Somhairle e in uno Stato meridionale con al centro Man, le Ebridi Interne settentrionali e quelle Esterne. I turbolenti dieci anni successivi videro la cacciata di Godred in Norvegia nel 1158 e l’assassinio di Somhairle nel 1164, poco prima che questi iniziasse un’invasione della Scozia.
A questo punto il Regno delle Isole venne definitivamente spezzato in due tra Godred, tornato dalla Scandinavia, e gli eredi di Somhairle, che negli anni successivi si fregiarono del titolo di “Signori delle Isole” e sempre meno di “Re”, si avvicinarono alla politica e alla cultura scozzese e diventarono i mitici fondatori di diversi clan celebri nella futura storia del paese tra cui i MacDougall, i MacDonald, i MacRory e i MacAlister.
Orami il destino di questo Stato era però segnato, in quanto l’epoca di caos e debolezza tipica di tutti i potentati altomedievali era ormai conclusa e con il XIII secolo grandi regni potevano programmare campagne di conquista più determinate e di lungo respiro strategico.
Nello specifico i sovrani di Scozia Alaxandair II e poi suo figlio Alaxandair III mossero diverse volte verso ovest con navi e soldati dal 1249 in poi, scatenando le ire di Haakon IV di Norvegia, che anche lui vantava pretese secolari sul Regno delle Isole, ormai l’ombra di se stesso. Il conflitto che ne scaturì si concluse con la battaglia di Largs del 1263, in cui una flotta di 120 navi lunghe con a bordo almeno 10.000 scandinavi cercò di sbarcare nel Firth of Clyde senza successo.
Lo scontro, che gli storici moderni definiscono più che altro una schermaglia visto che la forza d’invasione principale non poté mai sbarcare a causa di una tempesta, si concluse con pochi morti per parte ma sostanzialmente fece fallire la campagna di Haakon, il quale comprese che il mantenere il dominio su quelle terre avrebbe avuto costi proibitivi rispetto al passato.
Nel 1266, perciò, con il trattato di Perth si concluse formalmente l’indipendenza del Regno delle Isole, che passò di diritto al Regno di Scozia tranne le Orcadi e le Shetland, che rimarranno in mani norvegesi fino al 1468, anno in cui vennero assegnate a James III in seguito alla mancata corresponsione in denaro della dote della moglie Margaret di Danimarca e Norvegia per cui erano state assegnate come pegno.
Va detto che i “Lord delle Isole”, fin dal XIII secolo vassalli di Re di Scozia, si atteggiarono a signori indipendenti, quasi dei sovrani, per almeno altri due secoli.
Con un territorio che includeva tutte le isole Ebridi e le penisole di Knoydart, Ardnamurchan e Kintyre questi ultimi dominavano un territorio che li collocava come i terzi feudatari dell’intera isola dopo il Re d’Inghilterra e quello di Scozia.
Tale era la loro forza e prestigio che, nel 1462, John II MacDonald firmò un trattato con Edward IV d’Inghilterra e il conte di Douglas per conquistare la Scozia. La gestione dei tempi, però, fu pessima. La Guerra delle Due Rose paralizzò la politica estera inglese e James IV di Scozia, scoperta la trama ai suoi danni e stufo delle continue macchinazioni del suo più grande e recalcitrante vassallo, pose la parola fine a quello che rimaneva dell’antico regno nel 1493.
Per evitare nuove usurpazioni, i sovrani di Scozia diedero vita alla tradizione di infeudare il titolo di “Signore delle Isole” al proprio figlio primogenito, che con l’unione di questo paese con l’Inghilterra nel 1707 passò all’erede del trono del Regno Unito, aggiungendosi a quello di “Principe di Galles”.
Entrambi i titoli, ancora oggi, sono infatti concentrati nella persona dell’ormai anziano Charles, figlio della Regina Elizabeth II.
Alberto Massaiu
Leave a reply