Fu uno dei più grandi (per estensione geografica) e ricchi tra gli Stati russi medievali, che al suo picco di potere esercitò la propria potestà sulle terre che spaziavano dal Mar Baltico fino agli Urali, comprendendo le gelide acque del Mare Artico.
Conosciuto anche come Zemlja novgorodskaja o Terra di Novgorod, divenne l’avamposto commerciale più ad oriente della potente Hansa, meglio conosciuta come Lega Anseatica, oltre che snodo più ad occidente della Via della Seta.
Definita da alcuni storici come una Repubblica Feudale, in verità aveva poco o nulla da condividere con il sistema elaborato dal franco Charlemagne e dai suoi successori. Il governo di questa gelida città, fondata all’origine del fiume Volchov presso il lago Il’men’ come avamposto vichingo in terra di Russia con il nome di Holmgarðr, era gestito da un complesso insieme di organismi.
Tra questi spiccava le veče (l’assemblea pubblica composta dell’intera popolazione libera), i posadnik (gli amministratori cittadini), i tysjackij (i comandanti militari e i giudici), i nobili boiardi e l’arcivescovo ortodosso. A questo si aggiungeva, di solito in situazioni eccezionali come minacce militari esterne, l’elezione di uno knez, o principe, un signore che come gli antichi dictator della Roma repubblicana doveva risolvere la faccenda.
Gli knez, tranne rari casi, non mantennero mai a lungo il loro potere, oppure lo esercitarono in forma nominale stando però al di fuori della città, orgogliosa e gelosa della propria libertà.
Questo complesso sistema istituzionale configura grossomodo Novgorod come una repubblica di tipo oligarchico, che per oltre tre secoli dominò le fredde e inospitali terre del Nord della moderna Russia europea, arricchendosi enormemente con il commercio delle pelli pregiate, cacciate da cacciatori nomadi o semi-nomadi negli sterminati territori della Carelia e dell’Artico.
Centro di scambi, fu popolata da un miscuglio di popoli e culture tra cui la norreno-scandinava, la russo-slava, la baltica e la ugro-finnica. Ad ogni modo, nonostante la sua peculiarità, fin dall’XI secolo era stabilmente inserita nel sistema politico di Città-Stato russe che riconoscevano l’alta autorità di Kiev.
Per questo motivo il suo edificio più importante rimaneva la cattedrale di Svatya Sofiya, che si rifaceva alla monumentale basilica omonima di Costantinopoli, e il kreml’ o Cremlino, la fortezza cittadina di solito residenza dell’arcivescovo.
Si potrebbe parlare di nascita della repubblica, seppur tale termine possa risultare troppo netto e fuorviante, nell’anno 1136, quando i nobili e i mercanti della città iniziano a nominare i vertici delle cariche pubbliche in autonomia, senza più aspettare le decisioni del velikij knez – o Grande Principe – di Kiev.
Da quel momento, l’influenza e il potere della Velikij Novgorod si espanse ad altri insediamenti come Staraja Russa, Staraja Ladoga, Toržok, Orešek e persino Pskov, che riuscirà a liberarsi dall’ingombrante dominio della repubblica solo nel 1348.
Tale ricchezza, unita a questioni religiose, costrinse Novgorod ad una serie di guerre contro svedesi, danesi e crociati tedeschi, tra cui i Schwertbrüder (l’Ordine Portaspada) e i Cavalieri Livoniani e Teutonici. Questo periodo di colonizzazione cattolica è passato alla storia come “Crociate del Nord”, e puntava ad annichilire le ultime sacche di resistenza pagana in Europa, ma anche a costringere i russi ad abbracciare il Credo di Roma piuttosto che quello di Costantinopoli.
Si annoverano oltre trenta conflitti – che spesso rientravano in una semplice campagna annuale – con gli svedesi, che ambivano alla Finlandia, con i danesi, che puntavano all’Estonia, e i tedeschi degli Ordini monastico-cavallereschi, che puntavano alla Curlandia, alla Livonia, alla Semigallia e alla ricca città di confine di Pskov.
Il culmine degli scontri venne raggiunto sotto il governo del più famoso tra gli knez russi medievali, Aleksandr Nevskij, che seppe respingere gli attacchi vincendo le battaglie della Neva contro gli svedesi nel 1240 (da qui il soprannome Nevskij) e del Lago Peipus nel 1242 contro danesi e tedeschi.
Rimesse in riga le ambizioni cattoliche ad ovest, il principe dovette vedersela con gli ancor più temibili mongoli a sud. Questi ultimi, infatti, avevano preso e distrutto l’antica Kiev proprio nel 1240 ed erano giunti ad appena 100 chilometri da Novgorod. Alexandr Nevskij decise di non rischiare e concordò un accordo di vassallaggio con i tartari della futura Orda d’Oro, che risparmiò morte ed orrore alla città in cambio di un tributo annuale.
Risparmiata dalle distruzioni che dovettero subire quasi tutte le altre Città-Stato russe, tra cui la stessa Mosca, la repubblica prosperò per tutto il secolo seguente. Guidata dal buonsenso tipico delle oligarchie mercantili, si decise che un po’ d’oro e di doni valevano la pace sul fronte meridionale, anche perché i mongoli non si intromisero mai nella vita politica di Novgorod.
Per le sue vittorie contro i crociati, e la grande abilità di governante, Nevskij fu proclamato santo dalla Chiesa Ortodossa Russa.
Nel secolo seguente la repubblica prosperò in prestigio, estensione e ricchezza, esplorando i gelidi mari, fiumi e laghi fino agli Urali, da cui traeva animali da pelliccia, sale, miele e ambra, che venivano scambiati con i mercanti tedeschi, scandinavi, olandesi, fiamminghi e inglesi dell’Hansa con enormi profitti.
Il declino, però, giunse rapidamente nel XV secolo. Mosca, infatti, si era ripresa dagli effetti dell’invasione mongola, e ne era uscita rafforzata nelle istituzioni e nell’esercito. Ora ambiva al primato tra tutte le Città-Stato della Russia, e Novgorod non faceva eccezione. A sud-est, invece, era sempre più forte la pressione cattolica della Confederazione Polacco-Lituana.
Nella città si formarono due fazioni, ognuna vicina ai potenti vicini. I filo-moscoviti erano le classi meno agiate, come i contadini e gli artigiani, mentre i filo-polacchi erano i grandi mercanti e i nobili boiardi, che ammiravano le istituzioni politiche di questi ultimi come la Szlachta, in cui avrebbero goduto di potere e privilegi.
Ad ogni modo questa contrapposizione sfociò in tumulti, regolamenti di conti ed omicidi eccellenti, indebolendo la struttura statuale, sempre più vittima delle influenze esterne.
La faccenda venne risolta da Ivan III Vasil’evič, detto il Grande, che ambiva a diventare gosudar’, ovvero “Sovrano di tutte le Russie”. Nei suoi quarant’anni di regno quadruplicò i territori sottomessi all’autorità della Moscovia, e uno di questi fu proprio Novgorod.
Puntando alla comune fede ortodossa, seppe attirarsi le simpatie della popolazione, allontanando le ambizioni polacco-lituane. In seguito, mosse guerra contro i vicini cattolici e i nobili novgorodiani, sconfiggendoli nel 1471 presso il fiume Šelon.
Per sette anni concesse un’indipendenza formale della repubblica, ma manovrò in maniera tale da avere finalmente il casus belli giusto per poter annettere del tutto il vicino. Nel 1477 l’ottenne dopo un maneggio diplomatico supportato dal partito filo-moscovita della città.
Detto fatto, il 14 marzo del 1478 egli entrava a Novgorod, installandovi una propria guarnigione, deportando i nobili filo-polacchi e sciogliendo la veče cittadina. Da quel momento finiva la repubblica, e si installava anche in quell’ultimo lembo di Russia l’autocrazia dei futuri tzar.
Alberto Massaiu
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