La caduta dell’Impero Romano d’Occidente viene comunemente individuata, in quasi tutti i manuali di storia, come la caduta dell’Impero Romano in toto. Questa definizione è frutto della visione occidentocentrica del nostro passato, che reputa come degno di nota solo quello che è accaduto sulle terre che si trovano ad ovest di un’immaginaria linea che taglia il continente sull’asse Germania-Italia e si sposta a sinistra verso l’Oceano Atlantico, ignorando tutto il resto fino a quando non viene conquistato da un paese europeo.
Per compiere questa operazione di selezione storiografica, che salta a piè pari secoli di vicende cruciali, passando dalla classicità greco-romana all’età carolingia, per poi muovere direttamente a quella dei comuni medievali, è stato tagliato tantissimo.
Quello che analizzeremo in questo articolo riguarda Costantinopoli e il suo dominio orientale, che fino al 636 comprendeva Egitto, Libia, Siria, Palestina, Africa, 1/3 dell’Italia, tutta la Turchia, la Grecia e buona parte dei Balcani meridionali. I suoi sovrani, fino a Flavius Heraclius, mantennero la titolatura della corte, della burocrazia e dell’esercito in latino, per passare ad una robusta ellenizzazione solo dopo la catastrofe dell’invasione araba.
L’Impero Romano d’Oriente – che si considerava Impero Romano, orfano delle sue province occidentali usurpate dai barbari – puntò per buona parte della sua esistenza a riappropriarsi dei territori perduti, sia contro gli arabi (e poi turchi) sia contro slavi e latini. Il miglior tentativo fu portato avanti da Flavius Iustinianus, che riconquistò tra il 533 e il 562 l’Africa con Cartagine, la Sicilia, la Sardegna, la Corsica, l’Italia e la parte meridionale della Spagna, annientando vandali e ostrogoti.
Il prezzo della sua politica di renovatio imperii, in termini di risorse economiche e militari, fu molto salato e andò ad indebolire il suo progetto sul medio-lungo periodo. Appena un paio di generazioni dopo la sua morte l’Italia era per oltre metà in nuove mani barbare (per la precisione longobarde), la penisola balcanica era stata invasa dagli slavi e da orde nomadi eredi degli unni e la Spagna romana si era di nuovo ridotta al lumicino a causa della riscossa visigota.
Nonostante questo, l’Impero Romano sopravvisse anche alla potenza araba e fu baluardo contro i khalīfa di Damasco e di Baghdad, tanto da programmare una riscossa generale tra il IX e l’XI secolo, dove vennero recuperate molte province perdute ad est e ad ovest.
Purtroppo, e qui bisogna farsi un bell’esame di coscienza, fu l’avidità veneziana e franca a causare la definitiva decadenza di Bisanzio. Impegnata contro i nuovi arrivati turchi ad oriente e indebolita dai conflitti civili per il trono imperiale tra le famiglie dei Komenoi, degli Angeloi e dei Doukai, la macchina da guerra romana fu sorpresa dai latini della IV Crociata, che invece che andare in battaglia contro i musulmani decisero di assediare, prendere e saccheggiare Costantinopoli nel 1204 (puoi approfondire l’argomento su quest’altro articolo).
La successiva spartizione della capitale e dei territori di Grecia, Macedonia, Epiro e Tracia tra Venezia e i signori feudali italiani e francesi causò un danno irreparabile. I romani d’oriente, chiamati sprezzantemente “greci” dagli occidentali, furono separati con loro da un solco infuocato che veniva identificato con le differenze religiose tra cattolici e ortodossi, ma in verità si basava principalmente sulle ricchezze di Bisanzio che i meno civilizzati latini bramavano.
Quello che rimase in seguito, anche quando le forze romane – rimaste ormai nella sola Asia Minore – riuscirono a recuperare alcune terre perdute, fu uno Stato debole e pieno di nemici. Ripresa Costantinopoli nel 1261, l’Impero Romano che venne rifondato dopo l’esilio a Nicea fu un pallidissimo ricordo del passato.
Pressato dai turchi ad est, che mangiucchiarono pezzo per pezzo le ultime città in Asia e dai bulgari, serbi e latini ad ovest, che gli contendevano le poche terre rimaste in Tracia, Macedonia e Grecia, con Venezia e Genova che la facevano da padrone nell’Egeo e nella stessa capitale, dove i loro mercanti sottraevano ricchezze allo Stato grazie a trattati commerciali molto simili ai trattati ineguali che caratterizzarono la politica coloniale europea tra il XVIII e il XIX secolo, Bisanzio non aveva speranze di ripresa.
La sua agonia fu lunga e straziante, con i basilei – termine greco per indicare gli imperatori – che, nel punto più basso del loro prestigio, dovettero riconoscersi persino vassalli dei turchi, prima che questi ultimi ponessero fine alla millenaria esperienza di Roma nel 1453, conquistando Costantinopoli ed eleggendola a nuova capitale del loro nuovo impero.
Qualche piccolo appunto tecnico prima di presentare il progetto dei prossimi articoli: se vogliamo essere precisi, il 1453 non è la data della caduta di tutti i territori romani. Demetrios e Thomas Palaiologos, fratelli dell’ultimo basileus Konstantinos XI, santo per la Chiesa Ortodossa, continuarono a regnare in Morea fino al 1460, quando Mehmet II decise di togliere loro anche quell’ultimo brandello di dominio, in modo da eliminare qualsiasi anelito di riscossa. Completò il progetto nel 1461, occupando Trebisonda sul Mar Nero, dove regnavano dei dinasti della famiglia Komnena.
Con la presa della città ogni territorio imperiale finì in mani turche, che si considerarono eredi dell’Impero Romano, tanto da aggiungere ai loro titoli quello di Qaysar-ı Rum – Cesare dei Romani – e di basileus, che mantennero fino alla loro caduta nel 1922, con la nascita della repubblica turca.
Ci tenevo a fare questa panoramica molto generale e semplificata della storia dell’Impero Romano d’Oriente, soprattutto per evidenziare il concetto che ci sono tantissime cose che vengono rozzamente semplificate o perfino totalmente glissate nei manuali e nei programmi tradizionali. Questo vale per il mondo mediterraneo orientale come per molti altri accadimenti storici cruciali.
Ricordo solo, concedetemi un aneddoto personale, un episodio curioso che accadde durante il mio terzo anno di università in giurisprudenza. Il professor Torino, di diritto privato comparato, presentando il retroterra culturale del sistema common low anglosassone, ci chiese se sapessimo cosa fosse successo di rivoluzionario nel 1066 in Inghilterra.
Fui il solo, in una classe di quasi duecento giovani uomini e donne, a conoscere la battaglia di Hastings e la conquista normanna dell’isola. Questo non lo attribuisco ad un ignoranza collettiva dei ragazzi, ma al fatto che l’evento, anche se riportato nei nostri libri di testo, viene di frequente fatto passare in cavalleria dalla maggior parte degli insegnanti di scuola, che ignorano o sono poco interessati ad analizzare con i loro studenti i processi storici che esulano da quanto strettamente richiesto dalle linee guide standard ministeriali.
Ora, considerazioni sulla didattica a parte, quello che andremo a scoprire insieme nei prossimi articoli sarà il mondo tardo-romano, dalla morte di Theodosius nel 395 all’epoca di Iustinianus, ambizioso ideatore della politica della renovatio imperii. Inizieremo con la storia di Flavius Stilicho, che italianizzeremo in Stilicone per comodità, e dei due inetti eredi dell’ultimo sovrano ad aver governato tutto l’Impero Romano: Honorius e Arcadius.
Alberto Massaiu
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