Mi ero ripromesso, dando vita a questo blog, di cercare di evitare scivoloni nella tribuna politica italiana, sempre più vischiosa, imprevedibile e tendente ad una spirale che va sempre più verso un putrido fondo.
Per questa ragione mi scuso in anticipo su questo articolo, che inizierà più come uno sfogo, ma dal quale partirò per cercare di raggiungere un fine più elevato ovvero lo spiegare, in maniera chiara e precisa, quali sono alcuni di quei temi di cui si sente tanto – forse troppo e soprattutto a sproposito – discutere su tv e giornali e di cui la maggior parte delle persone, che non hanno ad esempio una buona preparazione in diritto costituzionale e in storia contemporanea, fatica a comprenderne i contorni e le sfumature.
Ma partiamo dal fatto scatenante. Giusto tre giorni fa mi sono svegliato con una notizia bella pesante in tutte le prime pagine. Il nostro Presidente della Repubblica, durante il suo discorso all’Accademia dei Lincei, ha approfittato per dire la sua sullo scandalo di Mafia Capitale. Voi direste magari: “Benissimo! Un attacco contro la corruzione politica, il malcostume dilagante nella gestione della cosa pubblica, i disgustosi rapporti tra mafia, criminalità organizzata, imprenditori da strapazzo e politici dai grossi appetiti e dalla assente moralità”.
E invece no. Tanto per cambiare, dopo aver liquidato in poche battute l’immane scandalo – l’ennesimo dopo tutti quelli che da mesi e mesi, dal Mose, all’Expo e compagnia bella – che sta screditando sempre di più e in modo squisitamente bipartisan i due maggiori partiti che dominano la vita del paese, si è lanciato in un’appassionata filippica contro l’antipolitica dilagante, definita letteralmente “Patologia eversiva” contro la quale bisogna “Reagire con urgenza”. Ha chiaramente detto che “Esistono, magari al di fuori di ogni etichettatura di sinistra o di destra, gruppi politici o movimenti poco propensi a comportamenti pienamente pacifici. Esiste un rischio nel nostro paese di focolai di violenza destabilizzante, eversiva, che non possiamo sottovalutare” etc etc etc.
Ora, al di là della fede politica di chicchessia, mia compresa, vorrei ricordare una cosa assolutamente limpida e cristallina. Il Capo dello Stato, così come è delineato dalla nostra Carta Costituzionale, è una figura di rappresentanza, super partes e NON POLITICA! Come tale non può scendere, come ha spesso fatto Giorgio Napolitano, nel bel mezzo dell’agone politico, schierandosi ad esempio con i vari Presidenti del Consiglio e maggioranze decise da lui – altra cosa che non deve fare! – contro altre forze che, se anche lui non apprezzasse a titolo personale, rappresentano una parte del popolo italiano.
Giorgio Napolitano ha, in questi nove anni di mandato – ne ha iniziato un altro giusto un paio di anni fa, altra cosa non presente nell’articolo 85 della Costituzione ma liberamente interpretata secondo la filosofia del “Se non ci sta scritto nulla posso farlo” – ha spesso forzato e alcune volte abusato dei poteri conferiti dalla Carta Costituzionale alla sua carica. E non va a sua discolpa il fatto che ormai l’interpretazione di quest’ultima faccia acqua da tutte le parti, a causa della prassi disinvolta dei governi che si sono succeduti dalla fine degli anni ’80 ad oggi.
Il problema a mio parere sta proprio in questo semplice fatto. La Costituzione è, nel bene e nel male – anche io personalmente credo che alcune sue parti vadano modificate in virtù dei cambiamenti avvenuti nella società italiana attuale, ben diversa da quella del secondo dopoguerra -, uno strumento cardine di sicurezza contro gli abusi del potere esecutivo. Garantisce non solo i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini, ma delinea un bilanciamento tra i tre grandi poteri dello Stato: il potere esecutivo, ovvero il Governo; il potere legislativo, ovvero il Parlamento; infine il potere giudiziario, ovvero la Magistratura.
Al centro di questo sistema di pesi e contrappesi sta la Presidenza della Repubblica, che nell’ottica dei padri costituenti doveva fungere da organo di controllo super partes – quindi non politico, in caso contrario avrebbe perso la sua caratteristica di imparzialità – dei rapporti tra i tre grandi poteri, oltre che da alto guardiano della Costituzione e dei principi in essa contenuti.
Bene, in questi anni Napolitano ha fatto e disfatto governi – tristissimo da constatare, l’ultimo governo italiano democraticamente eletto è stato il III Governo Berlusconi (sic!) -; ha creato maggioranze attraverso l’unione incestuosa di chi, almeno in teoria, doveva stare in contrapposizione come maggioranza e opposizione (PD e PDL, più vari corpuscoli aggregati); ha monitato contro i magistrati che indagavano contro politici corrotti in nome di un inesistente necessità di abbassare i toni delle indagini per lasciare al governo la possibilità di promuovere grandi riforme che infine non si sono mai realizzate; ha ignorato prima e avversato poi l’ascesa di un Movimento che, per quanto uno possa apprezzarli o meno politicamente, è composto da persone nuove, non toccate da scandali o indagini e che soprattutto rappresentano il 20-25% degli elettori; ha promosso e continua a promuovere la necessità di modificare la Costituzione, il documento sul quale ha giurato e che dovrebbe proteggere.
Voi mi chiederete: “Ma non hai detto che anche secondo te la Costituzione andrebbe aggiornata?” e io vi rispondo che “Si, avete ragione. Ma di sicuro non da un Governo che non è espressione della volontà popolare. Chi ha eletto Renzi? O Letta? O Monti? Nessuno di noi, gli ha tutti nominati Napolitano. In più un documento così importante andrebbe modificato dal Parlamento, visto che siamo una Repubblica Parlamentare, non Presidenziale! Aggiungerei anche un’altra cosa: Napolitano non può incitare parlamentari e ministri, come fa da anni, a fare le grandi riforme costituzionali – tradotto MODIFICARE LA COSTITUZIONE – in quanto questa è in primo luogo una scelta squisitamente politica e la sua carica non glie lo permetterebbe, in secondo luogo perché lui dovrebbe invitare a proteggere quest’ultima, non a scardinarla”.
Guardate, in questi ultimi tempi ci hanno provato in tutti i modi. Hanno perfino tentato di modificare l’articolo 138, che prevede una procedura rinforzata proprio per rendere meno soggetti agli arbitri della maggioranza i cambiamenti costituzionali.
Art. 138
“Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti”
Una volta “adattata” questa norma i governi PD-PDL – ora la rediviva, o magari quasi morente, Forza Italia – avrebbero potuto tranquillamente utilizzare i decreti legge per forzare il Parlamento, che ormai si comporta da passacarte dell’esecutivo, a far passare tutte le modifiche della Carta Costituzionale.
La Costituzione italiana nasce però come una Costituzione cosiddetta “rigida” ovvero che per sua natura non dovrebbe mutare drasticamente perfino col passare del tempo. Certo si possono fare delle modifiche occasionali quando necessarie, ma ci vorrebbe un disastro pari alla Seconda Guerra Mondiale e alla caduta di un Regime come quello fascista per richiedere una tale e completa rivoluzione.
La Repubblica italiana è, dal voto tra Repubblica e Monarchia del 1946, una democrazia Parlamentare. Il potere legislativo principale è affidato al Parlamento – con la suddivisione di Camera dei Deputati e Senato – mentre il Governo dovrebbe solo occuparsi – ex articolo 95 della Costituzione – di dare l’indirizzo politico e amministrativo. Quindi il cuore pulsante della politica italiana era e dovrebbe essere il primo, non il secondo potere. A riprova di ciò va evidenziato che durante tutta la cosiddetta Prima Repubblica, dal 1946 fino al 1993 quando perì ignominiosamente tra gli scandali di Tangentopoli, i governi italiani sono sempre stati debolissimi, soggetti a continue cadute. Di più, non c’è mai stato un Governo italiano, fino al Berlusconi II – 2001-2006 -, che è durato tutti i 5 anni di mandato. Le mutevoli maggioranze del Pentapartito a guida DC mandavano a gambe all’aria tutti i poveri Ministri del Consiglio ben prima.
Era un sistema instabile? Si, assolutamente. Ma era quello che era stato elaborato per evitare un’eventuale presa di potere di un Partito autoritario, che fosse neofascista o comunista. Dopo oltre sessant’anni uno si potrebbe chiedere se non è arrivato il momento di cambiare, visto che è passato per certo quel rischio.
Purtroppo non è ancora così. Se infatti all’epoca avevamo il rischio di prese di potere di opposti estremismi politico-ideologici, ora abbiamo una classe politica tra le più screditate del mondo Occidentale. Dai primi di Dicembre, grazie anche allo scandalo di Roma, l’Italia è sprofondata all’ultimo posto in Europa per indice di corruzione. Secondo la Corruption Perception Index 2014 di Transparency International, che riporta le valutazioni degli osservatori internazionali sul livello di corruzione di 175 paesi del mondo, il nostro bel paese si piazza ben 69esimo nella classifica generale, come nel 2013, fanalino di coda dei paesi del G7 e ultimo tra i membri dell’Unione Europea – punteggio di 43 su 100, pari a Bulgaria, Romania e Grecia, che prima stavano dietro di noi e ora ci affiancano -.
Davanti a questi dati, che testimoniano che questo paese è retto da una classe politica, burocratica e dirigenziale alla quale noi non dovremmo manco affidare per quattro secondi un portafoglio vuoto e rattoppato, come possiamo anche solo immaginare di lasciarli cambiare la Costituzione stessa, ovvero lo strumento che dovrebbe disegnare la linea guida dell’ossatura legale, sociale e morale dell’intero paese?
La Prima Repubblica è morta con Tangentopoli. La Seconda è stata monopolizzata da Berlusconi nella sua chiassosa e superba ascesa e nella sua tragicomica discesa. La Terza nasce sotto un Presidente della Repubblica che è tutto il contrario del dettato costituzionale – che infatti, coerentemente per una volta, vuole cambiare – e che si atteggia ad un semi-monarca; sotto un Presidente del Consiglio che è il terzo di una schiera di non eletti dal popolo, alla guida di una coalizione di centro destra e centro sinistra che sembra tanto la DC nei suoi momenti peggiori; un paese che vede i suoi cittadini sempre più impoveriti, ma che per risposta innalza le tasse, l’età pensionabile – nella splendida logica di rendere ancora più difficile il far trovar lavoro ai giovani – e gli sprechi; che ha una classe politiche che, un giorno si e l’altro pure, vede un altro dei suoi esponenti finire sotto processo per peculato, abuso d’ufficio, corruzione, mafia e via dicendo.
Insomma, che siano queste le tristi premesse della Terza Repubblica italiana? Una china che discende sempre più rapidamente e rovinosamente verso il basso?
Io spero proprio di no, sono infatti per la massima che la luce dorata dell’alba arriva dopo la notte più cupa e oscura. Ci stanno già molte persone che non ci stanno più, che denunciano gli abusi e lottano per far tornare di moda l’onestà, la trasparenza, la coerenza.
L’ignoranza è il nemico più grande per loro come per tutti noi e va combattuta non attraverso la violenza, gli scioperi, le urla e gli insulti. Certo, questi ci saranno sempre fino a quando ci sarà l’uomo, in quanto la rabbia e l’odio sono una parte inscindibile dall’essere umani. Ma ci sta anche la speranza, la fiducia, il duro lavoro, l’etica e l’onesta.
Questi sono tutti valori che possiamo ritrovare nelle persone che sono intelligenti e curiose, desiderose di andare al di là della superficiale apparenza dei fenomeni e dei fatti quotidiani. Perciò ti lascio con un aneddoto e un consiglio: leggi sempre! Non solo il quotidiano che sfogli da una vita e che magari è finanziato da una corrente politica, da una banca o da un imprenditore, ma più quotidiani, non solo cartacei ma anche online. Informati in rete e in riviste di diverso orientamento. Ma soprattutto leggi libri! I libri sono più ampi, più complessi, più faticosi. Richiedono più impegno e disciplina, ma ti aprono la mente. Solo una mente aperta è veramente libera ed è capace più delle altre di analizzare criticamente quello che le avviene intorno.
Nel saggio di Samuel Johnson intitolato “Rasselas principe di Abissinia”, lo studioso riporta un immaginario dialogo tra il principe e il filosofo Imlac, dove il primo si lamenta della potenza e della prepotenza degli europei, chiedendo al secondo come mai, secondo lui, non fosse possibile il contrario.
Questa fu la risposta: “Essi sono più potenti, signore, di noi, perché sanno di più; il sapere prevarrà sempre sull’ignoranza, come l’uomo domina sugli altri animali. Ma del fatto che il loro sapere sia maggiore del nostro, non so dove vada ricercata la ragione se non nell’imperscrutabile volontà dell’Essere Supremo”.
Noi per fortuna abbiamo molte più chance di rimetterci in carreggiata dei popoli che dovettero affrontare le potenze coloniali di quel tempo. L’unica cosa che ci serve è la volontà. La volontà di imparare sempre, di non fermarci davanti al primo, al secondo o anche al terzo ostacolo. La volontà di perseverare in un cammino che ci renderà sempre più consapevoli, più forti e quindi liberi.
Con queste tre caratteristiche potremo, come singoli, prendere in mano la trama della nostra vita, raggiungendo i nostri obbiettivi e le nostre mete. Ma come collettivo, se tante altre persone decideranno di fare lo stesso, si può cambiare un intero paese. Magari facendo in modo che la Terza Repubblica diventi migliore sia della Prima che della Seconda messe assieme.
Alberto Massaiu
1 Comment
Bellissima disamina della attuale e triste situazione in cui viviamo nel nostro paese, che condivido in toto, grazie Alberto